“Se hai una gamba importante, eviti di mettere la calza a rete”
– “E chi lo dice?”
– “Io!”.
Spero che anche voi abbiate sgranato gli occhi nell’apprendere il parere, che il giornalista Davide Maggio ha pensato bene di ritenersi legittimato ad esprimere, su come Emma Marrone avrebbe dovuto vestirsi sul palco dell’Ariston, in base al suo corpo.
“E ma non si può più dire niente!” [le sento le vocine fuori campo].
Cari amici, vi svelo un segreto: tra il tutto e il niente, c’è di mezzo l’educazione e il rispetto. Perché si comincia da un “niente” e si finisce con tutto lecito.
“Gamba importante” significa, in pseudo politically correct, “una gamba grossa/grassa”, “una gamba non degna di indossare quello che indossava”.
Ecco l’ennesimo episodio in cui si pretende di far vergognare una persona del proprio corpo, del proprio aspetto. Questo, infatti, è il significato di body shaming e comprende commenti, osservazioni, critiche, di qualsiasi entità, sul corpo di chi non rispecchia quegli stramaledetti stereotipi, imposti senza alcun diritto dalla società. Il body shaming è perpetrato da chiunque, persino e soprattutto, da chi è il primo a non corrispondere a quegli stramaledetti canoni.
Le statistiche ci dicono che le più colpite sono le figure femminili. Sono sicura che, se chiedessimo a qualsiasi donna, non ve ne sarebbe una che non confidi di essere stata colpita da frasi che pretendevano di insegnarle come avrebbe dovuto essere il suo corpo, il suo aspetto, i suoi vestiti, i suoi capelli, le sue unghie. Insomma, non ve ne sarebbe una che non si sia sentita sbagliata, anche solo per un attimo.
Ho voluto, allora, fare anch’io, nel mio piccolo, un sondaggio, chiedendo alle persone che mi seguono su Instagram di raccontarmi di eventuali commenti negativi ricevuti sul loro corpo. Di 21 persone che mi hanno risposto, 6 sono uomini e 15 sono donne.
Ho poi condiviso in forma anonima le loro risposte, nella speranza che molte altre persone si sentissero supportate e molte altre potessero riflettere. Una ragazza mi ha proprio scritto che sperava che la mia bacheca potesse raggiungere qualcuno di questi “aguzzini”, per trasferire loro quanto quelle parole potessero averci segnato.
Credo, quindi, sia importante, anche qua, condividere in forma anonima alcune di queste testimonianze e, da queste, riflettere.
– “Sei anoressica! Ma mangi? Detto prevalentemente da donne appena conosciute”.
L’anoressia è una malattia, non ci si deve permettere di usarla con superficialità.
– “Negativi non proprio. Ma per me frustranti sì…perché il rapporto col proprio corpo è qualcosa di estremamente fragile, almeno per come lo vivo io. Quindi anche un’osservazione fatta a fin di bene, in un momento in cui proprio non ci si riesce ad accettare (pur cercando di non farlo vedere) fa male e non aiuta”.
Attenzione, perché le osservazioni che crediamo “a fin di bene”, possono nascondere altrettanti pregiudizi e stereotipi. Per questo fanno male. Se non si tratta di seri problemi di salute, neanche le persone care possono avere il diritto di fare osservazioni sul nostro corpo.
– “Potrei scriverci la Bibbia con le cose che mi hanno detto! A partire dalle scelte del colore dei capelli fino al troppo magra/non abbastanza magra/hai ripreso peso. Soprattutto, paradossalmente, mia madre in maniera costante, da che io abbia memoria. Poi c’è stato il periodo della scoliosi e gesso alle medie che, cose tipo “carro armato umano”, si sprecavano”.
Quando certi commenti arrivano dalla propria madre, rischiano di provocare sofferenze psicologiche ancora maggiori, perché al disagio di non essere come vuole la società, si aggiunge la sofferenza di non corrispondere alle aspettative dei propri genitori, di non sentirsi abbastanza neanche per loro.
– “A me una donna, per di più mamma “che brutta che sei””.
– “Non so se può avere lo stesso peso di certi commenti, ma ti assicuro che per me l’ha avuto. In età adolescenziale più volte sono stata presa in giro per il seno molto piccolo, anche dalle stesse compagne di scuola. Mi ricorderò sempre un commento ad una cena di compleanno, in cui una mia compagna esordì dicendo: qui abbiamo tutte il seno tranne…dicendo il mio nome. Ho ricevuto commenti tipo questo da uomini. In un certo modo il mio seno piccolo non mi ha mai fatto sentire donna o sexy, anche in intimità con un uomo. Quindi per questo dico che ha un bel peso”.
I commenti sul corpo altrui hanno tutti lo stesso peso, perché non possiamo sapere che impatto avranno su una persona e sono tutti ugualmente ingiustificati.
– “Su questa fronte ci può planare anche un aereo, oppure semplicemente un fai schifo non ti vedi, scompari che è meglio, detto in maggioranza da altre ragazze”.
– “Il tipico ma fulminante “hai un bellissimo viso, peccato per il corpo”. Poi ovviamente potrei citarne altre mille. Sono passata da obesa a molto magra e in ogni caso la gente APRIVA LA BOCCA”.
– “”Hai i polpacci grossi” ed ora mi metto solo pantaloni lunghi e gonne midi o lunghe e mettersi in costume ogni anno è una tragedia. Sono quelle frasi dette così che poi ti rimbombano nella testa e passi le tue giornate con quel pensiero fisso”.
– “Purtroppo, nel corso della mia vita mi sono sentita dire veramente di tutto, commenti a dir poco negativi, che hanno avuto non poche ripercussioni sulla mia psiche nonché autostima, da amici, parenti ed ex; mi sono sentita dire “fai schifo, nessuno ti vorrà mai piazzata così”, “come fanno le tue amiche a frequentarti, sei troppo brutta”, “sei un bidone dell’umido”. Poi ho imparato che il problema non era mio, ma loro: a parlare erano le loro stesse frustrazioni, niente che mi riguardasse. Mi ci è voluto molto tempo per capirlo. Ma almeno sono arrivata alla conclusione che nel profondo della mia anima e del mio cuore, io mi amavo così com’ero, ed è stata la più grande conquista che potessi raggiungere”.
– “Mi hai fatto ricordare un episodio, tra tanti soprattutto a scuola, essendo stata sempre la bimba “cicciona” della classe. Estate della prima media credo, ragazzino che mi piaceva da matti, mi ricordava AJ dei backstreet boys. Io ovviamente autostima inesistente ho sempre fatto di tutto per rimanere invisibile, circondata di amiche magre belle e di successo coi ragazzini. Una di queste “amiche” gli rivela di questa mia cotta. Per tutta risposta lui mi fa recapitare una lettera (tramite questa ragazza). Io stupidamente avevo sperato in un bel messaggio, invece erano letteralmente due pagine manoscritte di insulti di tutti i tipi, dal “puzzi” al “fai schifo” passando per “cicciona”, “sarai incrostata”. Mai capito il perché di tanto odio. Mesi dopo chiese di potermi parlare per chiedermi scusa, lo feci parlare e me ne andai senza rispondere nulla, ero ancora impietrita…”.
– “Sei un maschiaccio e grezza, sembri tuo papà ma almeno lui è uomo”.
Ora, io non sono sociologa/antropologa/psicologa. Ma sono una donna e, sulla base della mia esperienza di donna e di quelle sopra citate, mi sono chiesta quali possano essere i motivi che attribuiscono la licenza a denigrare il nostro corpo, il nostro aspetto o anche solo a sentire la necessità di commentarlo.
Allora ho iniziato a interrogarmi su cosa suscitassero in me questi commenti: vergogna, disistima, discredito, sfiducia; la cosa davvero impattante è che, inizialmente, non li mettevo nemmeno in dubbio, li davo per verità assolute, come se avessero ragione loro, con i loro giudizi. Perché è questo che ti insegna una società fondata su stereotipi imposti come leggi non scritte.
Ti insegna che potrai essere accettata ed attraente solo se sarai fatta in un certo modo e che tutti gli altri modi sono sbagliati.
Ecco, allora, che dopo queste riflessioni potrei aver trovato due risposte alla domanda iniziale (quali possono essere i motivi che attribuiscono la licenza a denigrare il nostro corpo?).
La prima risposta ha a che fare con la sfera della sensualità, dell’essere attraenti per un possibile partner (tendenzialmente di sesso maschile).
Dalla notte dei tempi, infatti, la donna è stata programmata per soddisfare l’uomo, qualsiasi uomo, e dargli degli eredi. Quindi, a seconda delle epoche, la donna doveva rispecchiare, agli occhi di tutti, donne comprese, determinati canoni di bellezza e determinate caratteristiche, per evitare di rimanere zitella: massima onta per i tempi andati.
Ma, forse, non così andati, ahimè. Pensiamo solo alla fatidica domanda della zia Mariuccia a Natale che prima ti chiede se hai il fidanzatino. Poi quando ti sposi, poi quando fai un figlio, poi quando ne fai un altro, e così via.
La seconda risposta ha invece a che fare con la riflessione, che abbiamo già fatto nello scorso numero, sul perché non ci si ferma a pensare prima di giudicare e si preferisce ferire. Giudicando, si cela la paura di non essere a propria volta abbastanza e si spera di scovare, negli altri e nelle altre, qualcosa di peggio o si spera di rimarcare quel presunto peggio, pur di distogliere l’attenzione dal proprio. Insomma, le persone attaccano un corpo per sentirsi meglio nel loro o, ancora, per denigrare ciò che invece si vorrebbe.
Quindi, in ogni caso, per ribaltare la frittata.
Lo dimostra la risposta di Davide Maggio alla reazione di Emma Marrone (la quale ha invitato tutte ad essere orgogliose del proprio corpo, ad amarlo e rispettarlo così com’è e, quindi, a vestirsi come vogliono) che vi riporto in parte, riprendendole da un suo video pubblicato da Tgcom24:
“Le critiche non vengono accettate. In quel caso non era neanche una critica, era un commento estetico normalissimo. Invece, la cosa importante è l’accettazione. Io credo che il problema sia una mancata accettazione di qualcosa. Se tu te la prendi per una “gamba importante” vuol dire che sei tu che vedi la gamba importante come un problema. Il problema è tuo non mio [...]. Ha messo una calza a rete inopportuna per me, punto e basta”. E su Twitter ha cinguettato: “Mi fa tanta tenerezza, punta sul body shaming per giustificare semplicemente una scelta di stile. Da Emma Marrone proprio non me l’aspettavo. Anche perché sa benissimo che quando aizza i suoi fan, la shitstorm che scatena è ben più pesante di un commento estetico. Vergognati.”
Riassumendo:
– chi non accetta un corpo, dice alla vittima che è lei a non accettarsi;
– la donna che riceve un commento non richiesto deve stare “zitta e buona” senza reagire, altrimenti deve vergognarsi anche di quello.
Qualcuno dica a Davide Maggio che di inopportuno – per non dire schifoso – in questa vicenda, ci sono solo le tue parole. Avresti potuto porre fine al peggio, semplicemente chiedendo scusa. Invece, hai messo in atto il meccanismo ancor più subdolo del carnefice che vuol passare per la vittima che ha fatto “solo” “un commento estetico normalissimo”.
Vorrei davvero che si comprendesse la pericolosità di tutto questo sistema, che non fa altro che corroborare l’idea che tutti siano legittimati a dire qualsiasi cosa su qualsiasi corpo, senza ritenersi responsabili delle conseguenze. Vorrei che fosse chiaro che non si tratta di “accettare delle critiche” perché queste non sono critiche, sono giudizi che possono fare anche molto male.
I commenti estetici non sono normalissimi. Li si vuole far passare per normalissimi solo perché è dalla notte dei tempi che la gente si sente legittimata a sputare sentenze sul corpo di chiunque. Ma sia ben chiaro che “normalissimo” non significa “legittimo”, non significa “giusto”. E non significa che, solo perché lo si è fatto finora, si debba continuare. Anzi.
Perché, no, non si tratta di un problema di chi riceve questi commenti, si tratta di un problema di chi li fa. È ora di finirla di scaricare le colpe sulle vittime. È ora di finirla di scaricare la responsabilità dell’accettazione di tutti i corpi solo sul lavoro personale di chi subisce questi attacchi. È ingiusto che sia solo la singola persona a doversi fare carico di imparare a fregarsene del giudizio altrui. La responsabilità è solo del giudizio altrui.