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Beirut e Kabul: città dimenticate 

Beirut 

Boooom! 

Sono passati mesi da quel 4 agosto 2020, troppi o troppo pochi. 

Il silenzio dei media è stato via via riempito da altre sirene, antiaeree questa volta, in Europa. 

Gli stracci che rivestono figure spaurite che scorrono lente sul teleschermo, sono identici a quelli del Libano, uguali le borse di nylon riempite di un nulla voluminoso e le macerie in ogni direzione. 

I visi stavolta sono soltanto più pallidi e gli occhi terrorizzati sfumano sul ceruleo. 

L’esplosione al porto di Beirut ha distrutto due anni fa il 40% degli edifici di quella città, 300.000 persone hanno visto crollare per sempre le fondamenta delle loro vite ma la crisi economica era iniziata già un anno prima.  

È riduttivo credere che questa gente sia messa solo in ginocchio. 

Basti pensare alla dichiarazione della Banca che annovera la situazione libanese tra le 3 crisi mondiali più gravi dalla metà del 1800. 

Terre des Hommes Italia dichiara che:  

«Dal 2019 al 2020 il tasso di povertà è aumentato quasi del 30% e il Covid-19 non ha risparmiato il Paese. A causa della pandemia 1,2 milioni di bambini e bambine non hanno più potuto frequentare la scuola, né avuto i mezzi e la possibilità di accedere alla didattica a distanza». 

Povertà, crisi economica, disperazione sono le basi più feconde della violenza, della prevaricazione, dell’abuso orrendo che vede i più piccoli come vittime predestinate. 

Kabul 

E poi c’è Kabul. L’Afghanistan. 

La ritirata Occidentale. Le donne. I Talebani e gli altri, che sono anche peggio. 

Gli stranieri sono volati via sui loro cargo e con loro alcuni degli indigeni che collaboravano e che avevano paura e ce l’hanno fatta. 

E quelli rimasti? 

La testimonianza di Barbara Schiavulli, giornalista e direttrice responsabile di Radio Bullets è molto chiara e arriva dritta al cuore del problema:  

«Si è creata una spirale negativa per l’economia dell’Afghanistan, congelando i beni e sospendendo l’assistenza allo sviluppo per mitigare il rischio di fornire indirettamente fondi all’amministrazione dei talebani. Nel giro di pochi mesi la povertà del Paese è aumentata, insieme alla disoccupazione e facendo arrivare il prezzo del cibo alle stelle. Purtroppo, i principali a pagare e scontare il peso delle politiche della comunità internazionale, sono i bambini afghani, i quali non hanno mai conosciuto una vita senza conflitti».  

Sull’Afghanistan si sono spenti i riflettori ma, continua Schiavulli: «Le ragazze vivono segretate in casa, per non morire di fame si vendono i propri figli o, nel migliore dei casi, li si manda a chiedere l’elemosina… Ho visto bambine che venivano vendute per essere sacrificate al traffico di organi o schiavizzate e inserite nel mercato della pedofilia. Per i bambini maschi si aggiungono le possibilità di lavorare o raccoglie plastica. Altri vengono mandati a elemosinare».  

Noi di V&S WEB ne abbiamo parlato con Arianne Ghersi, analista geopolitica e attenta al destino di queste città dimenticate.

Se ti è piaciuto l’articolo leggi anche: Giammarco Sicuro tra vita, morte e quello che c’è in mezzo.

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