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5 consigli per una dieta più sostenibile

«Il cibo che tradizionalmente definiamo buono, pulito e giusto, diventa anche sano, perché la salubrità è un argomento fondamentale, e quando si parla di salute sempre più spesso si fa riferimento a ciò che si mangia e all’ambiente in cui si vive». 

(Gaetano Pascale, già presidente di Slow Food Italia) 

Negli ultimi decenni, il dibattito sull’alimentazione ha ampliato i suoi confini, e se prima era considerata semplicemente una questione di salute individuale, oggi è diventato un tema di rilevanza globale. L’alimentazione sostenibile è una delle principali preoccupazioni in questo ambito, in quanto le scelte alimentari hanno una ricaduta diretta sull’ambiente e sulla salute umana.

In questo articolo, esploreremo attentamente l’impatto delle diete moderne sull’ambiente e suggeriremo alternative sostenibili che possano promuovere sia la salute umana che quella del pianeta, con un focus particolare sulla consapevolezza e sull’azione individuale. 

L’impatto delle diete moderne sull’ambiente 

Le diete moderne, spesso caratterizzate da un’elevata proporzione di carne, prodotti lattiero-caseari e cibi altamente trasformati, sono diventate una delle principali fonti di impatto ambientale. Il settore dell’alimentazione è responsabile di una significativa parte delle emissioni di gas serra a livello globale, con la produzione di carne che rappresenta uno dei principali contributori.

Allevare animali per il consumo umano richiede enormi quantità di acqua, terreno e mangimi, contribuendo all’esaurimento delle risorse naturali e alla deforestazione. Inoltre, il trasporto di cibi altamente processati e non locali comporta un’elevata emissione di gas serra, aggravando ulteriormente l’impatto ambientale delle diete moderne. 

Come se non ci fosse un domani 

Uno studio recente pubblicato da ScienceDirect esplora la consapevolezza pubblica dell’impatto ambientale del cibo, in particolare della carne, e la riluttanza a mangiare meno carne per una dieta sostenibile.  

Sono stati condotti 12 focus group e quattro interviste individuali con adulti di varie fasce socio-economiche, sia in contesti rurali che urbani in Scozia.  

Dallo studio sono emersi tre temi dominanti:  

  1. la mancanza di consapevolezza del legame tra consumo di carne e cambiamenti climatici,  
  1. la percezione del ruolo minimo del proprio consumo di carne nel contesto globale dei cambiamenti climatici,  
  1. la resistenza all’idea di ridurre il consumo personale di carne. 

Alternative sostenibili per promuovere la salute umana e quella del pianeta 

  1. Aumentare il consumo di alimenti vegetali: una delle principali strategie per ridurre l’impatto ambientale delle nostre diete è aumentare il consumo di alimenti di origine vegetale. Frutta, verdura, legumi e cereali integrali sono ricchi di nutrienti essenziali e, al tempo stesso, richiedono meno risorse naturali per essere prodotti rispetto alla carne e ai latticini. Inoltre, le diete a base vegetale sono associate a numerosi benefici per la salute, tra cui un ridotto rischio di malattie croniche come patologie cardiache e diabete. 
  1. Scegliere cibi locali e di stagione: privilegiare i prodotti locali e di stagione è un altro modo efficace per ridurre l’impatto ambientale delle nostre diete. I prodotti locali richiedono meno energia per il trasporto rispetto a quelli importati da altre regioni o paesi, riducendo così le emissioni di gas serra legate al trasporto alimentare. Inoltre, scegliere cibi di stagione può aiutare a supportare l’agricoltura locale e a promuovere la biodiversità. 
  1. Minimizzare lo spreco alimentare: lo spreco alimentare è un problema diffuso e costituisce una delle principali cause di degrado ambientale legato all’alimentazione. Ogni anno, tonnellate di cibo vengono gettate via, acuendo così il deterioramento dell’ambiente. Ridurre lo spreco alimentare è quindi cruciale per una dieta sostenibile. Pianificare i pasti in anticipo, conservare correttamente gli alimenti e utilizzare gli avanzi in modo creativo sono strategie efficaci per ridurre lo spreco alimentare e, di conseguenza, il suo impatto ambientale. 
  1. Promuovere l’agricoltura sostenibile: sostenere pratiche agricole sostenibili è fondamentale per ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura. Quella biologica, la cosiddetta rigenerativa l’agroecologia sono approcci che favoriscono la salute del suolo, riducono l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici e promuovono la biodiversità. Inoltre, queste pratiche possono contribuire a migliorare la resilienza degli ecosistemi agricoli e a mitigare i cambiamenti climatici. 
  1. Incorporare proteine alternative: esplorare fonti di proteine alternative può contribuire a ridurre l’impatto ambientale delle nostre diete. Tofu, seitan, tempeh, legumi sono tutte fonti proteiche che richiedono meno risorse naturali per essere prodotte rispetto alla carne. Inoltre, diversificare le fonti di proteine nella nostra dieta può portare a una maggiore varietà di nutrienti e benefici per la salute. 

Conclusioni 

L’adozione di una dieta sostenibile è essenziale per promuovere la salute del pianeta e dell’uomo. Riducendo il consumo di carne e prodotti lattiero-caseari, privilegiando cibi locali e di stagione, minimizzando lo spreco alimentare, sostenendo pratiche agricole sostenibili e incorporando proteine alternative, è possibile contribuire a un futuro più sostenibile per tutti. Ognuno di noi ha il potere di fare scelte alimentari consapevoli che possano avere un impatto positivo sull’ambiente e sulla nostra salute.  

Scegliere una dieta sostenibile è un atto di responsabilità nei confronti delle generazioni future e del pianeta che tutti condividiamo. 

«Tutte le volte che mi fanno una domanda sul “cibo biologico” io mi chiedo: ma quando è partita la follia per cui è necessario certificare come un’eccezione ciò che dovrebbe essere la norma? Coltivare, allevare, trasformare la natura in cibo senza aggiungere input esterni, chimici e a base di petrolio, dovrebbe essere normale. È chi aggiunge fertilizzanti chimici, pesticidi, additivi, conservanti che dovrebbe dichiararlo, certificare e documentare la sua “anormalità”» 

(Carlo Petrini, Slow Food Italia) 

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