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Crisi climatica. Ne usciamo solo insieme

L’Agenda 2030 raccontata da Annalisa Corrado

I programmi e gli obiettivi, di qualunque genere essi siano, devono essere messi a terra per potersi realizzare. I politici, gli scienziati, gli operatori, nulla potrebbero senza la sensibilizzazione delle masse. 

Per sensibilizzare è necessario educare (ci sono da sempre dei presidi in questo senso come la famiglia, la scuola…) e comunicare, divulgare con ogni mezzo lecito. 

L’ingegnera ambientalista Annalisa Corrado è impegnatissima in tutti i sensi, noi di VeS WEB ne raccogliamo le testimonianze e le rilanciamo con slancio. 

Le righe che seguono sono tratte da questo video.

Interconnessione ambientale

«Si parla molto spesso di sviluppo sostenibile, ma sembra un po’ una cosa teorica,  lontana da noi, non si capisce bene cosa significhi. 

Inizialmente si cercava l’intersezione tra la sostenibilità economica e quella sociale tenendo conto dei diritti dei lavoratori, delle persone. A un certo punto è sbucata fuori anche la dimensione ambientale: quello che si fa non deve erodere l’ecosistema ma lasciare alle future generazioni le stesse possibilità che abbiamo avuto noi. Altrimenti vuol dire che stiamo rovinando un patrimonio che per il futuro non sarà più disponibile. 

L’Agenda ONU 2030 credo sia uno degli impianti teorici più importanti e dimostra che, malgrado tutto, stiamo migliorando, che il genere umano ha partorito qualcosa di veramente importante. 

Quello che dobbiamo fare, però, è una rivoluzione sistemica, non possiamo più andare avanti a compartimenti stagni, a settori, ognuno soltanto concentrato sul proprio. 

Questa griglia di interconnessioni bisognerebbe averla a casa, affissa alla parete tipo un quadro, per ricordarsi che questi elementi vanno tenuti assieme». 

Genesi e CO2 e obiettivi 

«Questi propositi nascono con gli accordi di Parigi del 2015. È un anno importantissimo: per la prima volta tanti governi riescono a stringere degli accordi vincolanti. Tutti paesi che hanno definito la necessità di lavorare per la decarbonizzazione dell’economia e della società. 

Abbiamo avuto uno sviluppo molto rapido, importante, tutto basato sulle fonti fossili come il carbone, il petrolio, il gas ma, purtroppo, oltre a portare un benessere importante ad alcuni, hanno fatto un gran disastro dal punto di vista dell’accumulo di CO2 nell’atmosfera. 

La stessa CO2 ha provocato il riscaldamento globale e, di conseguenza, la crisi climatica alla quale, purtroppo, stiamo assistendo. Una crisi che ha arrecato danni sull’ecosistema, sulla biodiversità…  Gli accordi di Parigi ci dicono proprio che dobbiamo compiere una rivoluzione.  Gli obiettivi dell’agenda 2030 ci indicano la strada da percorrere nonostante la gravissima crisi energetica che stiamo vivendo e che non deve farci rallentare. 

Dobbiamo puntare verso una decarbonizzazione contro il cambiamento climatico (obiettivo 13). 

È necessario tenere tutto assieme, interconnettere i temi,  tutta l’umanità deve andare verso un modo di produrre il cibo che sia il più possibile diverso da quello attuale». 

Storia virtuosa di interconnessione ambientale

«Quella raccontata con i fatti da Massimo Borrelli è una storia fantastica.  

La sua azienda, a Cerignola, in Puglia, ha messo in atto un sistema di economia circolare di filiera corta. Nulla viene sprecato e, in questo momento di crisi energetiche e delle materie prime, ha dimostrato che investendo in fonti energetiche rinnovabili e nel recupero di risorse le sue bollette non hanno subito alcun innalzamento. Grazie al fotovoltaico e al biogas che produce proprio con gli scarti delle produzioni agricole e di sansa – sottoprodotti delle sue lavorazioni – la filiera corta nella zona di Cerignola ha potuto acquistare farina a prezzo modico. 

La sua azienda lavora il suolo con intelligenza, coltiva sul sodo, senza arature profonde e la sua produzione di grani antichi è aumentata consentendogli di abbassare i prezzi di vendita. 

Ma non è tutto: la sua impostazione gli permette di non essere più un emettitore di CO2 ma un sottrattore di CO2.  

Come? 

Il suo metodo di lavoro agricolo permette alle colture di fissare la CO2 al suolo che non viene trattato con concimi artificiali ma arricchito da fertilizzante biologico coprodotto insieme all’energia elettrica e chiude il ciclo grazie all’impianto di biogas». 

L’interconnessione ambientale è possibile! 

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