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Internet e il cervello dei nostri figli 

In che modo l’uso di Internet può influenzare lo sviluppo cognitivo dei più giovani 

L’avvento di Internet ha rivoluzionato il modo di apprendere e di interagire con il mondo, aprendo opportunità di conoscenza e interconnessione senza precedenti. Per molti adulti, la navigazione in rete è diventata un’estensione naturale della vita quotidiana, ma cosa succede quando sono i bambini, con il loro cervello in pieno sviluppo, a immergersi in questo universo digitale?  

La domanda che si pongono molti genitori, educatori e studiosi è se Internet sia un alleato o un nemico per il cervello dei più giovani. 

Le preoccupazioni legate all’uso di Internet sono sempre più diffuse:  

  • Un accesso costante a schermi e contenuti digitali può causare danni irreparabili o può, al contrario, potenziare lo sviluppo cognitivo dei nostri figli?  

In questo articolo, analizzeremo come l’esposizione a Internet influisca sul cervello dei bambini, distinguendo tra gli effetti del consumo passivo e attivo, e offrendo una prospettiva equilibrata sul tema. 

La materia cerebrale: uno sguardo più attento 

Il cervello umano è una struttura estremamente plastica, specialmente durante l’infanzia e l’adolescenza. Questa plasticità permette al cervello di adattarsi agli stimoli e alle esperienze, ma rende anche i bambini vulnerabili agli effetti negativi dell’esposizione prolungata a contenuti digitali.

Gli studi relativi agli effetti di Internet sul cervello dei più giovani hanno evidenziato fenomeni come l’assottigliamento della sostanza bianca, un elemento chiave per la comunicazione tra le diverse aree cerebrali. Ma è davvero così semplice affermare che Internet “rovina” il cervello dei bambini? 

La verità è molto più sfumata. L’effetto di Internet varia enormemente in base all’uso che se ne fa. Cerchiamo di capire meglio come questa complessità si riflette sullo sviluppo cerebrale. 

Internet e cervello, dipende dall’uso 

1. Il Consumo passivo: un rischio da non sottovalutare 

Una delle principali preoccupazioni riguarda l’uso passivo di Internet, come quando i bambini trascorrono ore a guardare video su YouTube, programmi in streaming o scrollare sui social media. Questo tipo di consumo ha poco a che fare con la stimolazione cognitiva attiva, che è essenziale per il corretto sviluppo del cervello. 

Assottigliamento della sostanza bianca 

Gli studi hanno mostrato che l’eccessivo utilizzo di contenuti passivi è associato a un assottigliamento della sostanza bianca del cervello, una struttura responsabile della trasmissione delle informazioni tra diverse regioni cerebrali.

La sostanza bianca è come un sistema di cablaggio: più è densa, più il cervello riesce a comunicare in modo efficiente. Un assottigliamento può quindi significare una diminuzione dell’efficacia nella comunicazione cerebrale, portando a difficoltà nell’apprendimento e nell’elaborazione delle informazioni. 

Riduzione della Capacità di attenzione 

Un consumo passivo eccessivo di contenuti digitali può portare a una diminuzione della capacità di concentrazione e attenzione nei bambini. Un flusso costante di stimoli digitali rapidi e intensi abitua il cervello a richiedere una gratificazione immediata, limitando la capacità di mantenere l’attenzione su compiti più lenti e impegnativi. Questa dinamica può contribuire all’aumento dei casi di disturbi dell’attenzione e iperattività (ADHD) registrati negli ultimi anni. 

2. La ricerca attiva: internet come stimolo per la crescita cognitiva 

Contrariamente al consumo passivo, un utilizzo attivo e mirato di Internet può avere effetti positivi sul cervello dei bambini. Quando i più giovani utilizzano la rete per ricercare informazioni, confrontare fonti e costruire una comprensione di un argomento, mettono in moto processi cognitivi avanzati. 

Stimolazione della memoria di lavoro e capacità analitiche 

La memoria di lavoro, essenziale per la risoluzione dei problemi e il pensiero critico, viene stimolata quando i bambini devono confrontare diverse fonti online e valutare la credibilità delle informazioni. Questo tipo di attività favorisce lo sviluppo di abilità cognitive come la sintesi, l’analisi e il ragionamento logico.

Ad esempio, ricerche scientifiche condotte da università prestigiose, come l’Università di Stanford, hanno dimostrato che un uso attivo di Internet migliora le capacità di problem-solving e l’elaborazione delle informazioni complesse. 

Miglioramento delle abilità linguistiche e di scrittura 

L’accesso a un vasto repertorio di materiali e informazioni può aiutare i bambini a sviluppare una maggiore padronanza del linguaggio e delle competenze di scrittura. L’esposizione a diverse forme di scrittura e la possibilità di esprimere se stessi attraverso piattaforme come blog o social media consentono loro di sviluppare competenze narrative e stilistiche. 

Internet: strumento a doppio taglio 

L’impatto di Internet sul cervello dei nostri figli dipende in gran parte dalla qualità e dalla modalità di utilizzo. L’accesso a Internet può essere un potente alleato nel processo educativo, a condizione che l’esperienza sia guidata da un approccio consapevole e orientato all’apprendimento. 

I bias cognitivi indotti dagli algoritmi 

Una questione di cruciale importanza riguarda l’influenza degli algoritmi dei social media sui nostri pensieri e comportamenti. Gli algoritmi sono progettati per offrire contenuti in base alle nostre preferenze, creando una sorta di “camera dell’eco” che può limitare la capacità dei bambini di confrontarsi con punti di vista diversi. Questa esposizione ripetuta a contenuti simili può contribuire alla formazione di bias cognitivi e alla polarizzazione delle opinioni, ostacolando lo sviluppo del pensiero critico. 

I bias cognitivi sono distorsioni sistematiche nel modo in cui pensiamo e prendiamo decisioni, che influenzano la nostra percezione della realtà e il modo in cui interpretiamo le informazioni. Queste distorsioni sono il risultato di scorciatoie mentali (“euristiche”) che il cervello usa per processare rapidamente le informazioni. Sebbene queste scorciatoie siano utili per gestire l’enorme quantità di dati che riceviamo ogni giorno, possono anche portarci a conclusioni errate o a giudizi inaccurati. 

I bias cognitivi e il loro impatto nel contesto digitale 

Nel contesto di Internet e dei social media, i bias cognitivi diventano particolarmente rilevanti, poiché le informazioni vengono presentate in modo da influenzare le nostre opinioni e comportamenti. Gli algoritmi dei social network, ad esempio, tendono a esporci a contenuti che confermano le nostre convinzioni preesistenti, rafforzando alcuni bias e rendendo più difficile sviluppare un pensiero critico. 

Ecco alcuni dei bias cognitivi più comuni e il loro impatto nel contesto digitale: 

1. Bias di conferma (Confirmation Bias) 

Questo è uno dei bias più noti e si verifica quando tendiamo a cercare, interpretare e ricordare informazioni che confermano le nostre convinzioni preesistenti, ignorando o sottovalutando quelle che le contraddicono. 

Esempio: Su Internet, gli algoritmi dei social media personalizzano i contenuti in base alle nostre preferenze e alle interazioni precedenti. Se un utente ha un’opinione specifica su un tema politico, vedrà principalmente notizie e post che rafforzano quella prospettiva, portandolo a credere che la sua opinione sia più diffusa e corretta di quanto non sia realmente. 

2. Bias dell’ancoraggio (Anchoring Bias) 

Il bias dell’ancoraggio si manifesta quando ci affidiamo troppo alla prima informazione che riceviamo (l'”ancora”) per prendere decisioni, anche se poi riceviamo informazioni aggiuntive. 

Esempio: Supponiamo che un bambino faccia una ricerca su Internet e trovi come primo risultato che “la lettura digitale riduce la capacità di concentrazione”. Anche se in seguito trova studi che presentano una visione più equilibrata, la sua opinione sarà probabilmente influenzata dalla prima informazione letta, poiché questa è diventata la sua “ancora”. 

3. Effetto carrozzone (Bandwagon Effect) 

Questo bias si verifica quando adottiamo una convinzione o un comportamento semplicemente perché molte altre persone lo stanno facendo. In altre parole, ci sentiamo spinti a “salire sul carro” delle opinioni dominanti. 

Esempio: Quando un argomento diventa virale sui social media, è facile cadere nell’effetto del carrozzone e accettare quella posizione senza approfondire o verificare la veridicità delle informazioni. Ad esempio, se molti influencer sostengono un determinato prodotto, un bambino o un adolescente può essere portato a credere che sia davvero efficace, senza cercare ulteriori informazioni o recensioni indipendenti. 

4. Bias della disponibilità (Availability Bias) 

Questo bias si verifica quando valutiamo la probabilità di un evento o la veridicità di un’informazione basandoci su quanto facilmente ci viene in mente. Gli eventi recenti o particolarmente emotivi sono quelli che tendiamo a ricordare più facilmente. 

Esempio: Se un bambino leggesse diverse notizie su incidenti aerei in un breve periodo di tempo, potrebbe sviluppare la convinzione che volare sia estremamente pericoloso, anche se statisticamente è uno dei mezzi di trasporto più sicuri. L’accessibilità di queste informazioni, resa più facile dai media digitali, amplifica il bias della disponibilità. 

5. Effetto Dunning-Kruger 

Questo bias porta le persone con scarsa competenza in un argomento a sopravvalutare la propria conoscenza, mentre quelle più competenti tendono a sottovalutarsi. In altre parole, più si è ignoranti su un tema, più si tende a credere di saperne abbastanza. 

Esempio: Un giovane utente potrebbe leggere pochi articoli o guardare un paio di video su un argomento complesso, come la fisica quantistica, e sentirsi improvvisamente un esperto. Questo effetto è pericoloso su Internet, dove l’accesso a informazioni superficiali può portare a una falsa sensazione di competenza. 

6. Bias di framing (Framing Bias) 

Il bias di framing si verifica quando le nostre decisioni e giudizi sono influenzati dal modo in cui le informazioni vengono presentate, piuttosto che dai contenuti stessi. Le stesse informazioni possono sembrare diverse se presentate in modi differenti. 

Esempio: Immagina un articolo online su un nuovo farmaco. Se il titolo dice “Il 90% dei pazienti ha avuto miglioramenti”, sarà percepito in modo molto positivo. Tuttavia, se il titolo dicesse “Il 10% dei pazienti non ha riscontrato alcun miglioramento”, il giudizio potrebbe essere più negativo, anche se i dati sono identici. Questo modo di “incorniciare” le informazioni influenza il modo in cui le percepiamo. 

7. Effetto alone (Halo Effect) 

Questo bias si verifica quando la nostra impressione generale di una persona, azienda o prodotto influenza il modo in cui percepiamo le sue caratteristiche specifiche. 

Esempio: Se un noto influencer sostiene un prodotto educativo online, tendiamo a pensare che il prodotto sia valido, anche senza verificarne la qualità. L’effetto alone crea un legame ingiustificato tra la popolarità di una persona e la credibilità delle informazioni che condivide. 

Conclusione: L’importanza di riconoscere i bias cognitivi 

I bias cognitivi giocano un ruolo significativo nel modo in cui i bambini e gli adolescenti interagiscono con Internet e i media digitali. Gli algoritmi dei social media tendono a rafforzare questi bias, esponendo i giovani a contenuti che confermano le loro convinzioni o che li spingono a seguire la maggioranza, rendendo più difficile per loro sviluppare un pensiero critico e indipendente. 

Per questo motivo, è fondamentale insegnare ai bambini e agli adolescenti a riconoscere e comprendere i bias cognitivi, aiutandoli a diventare utenti più consapevoli e critici di Internet. La consapevolezza di questi bias è il primo passo per sviluppare un approccio più obiettivo e ponderato alle informazioni che incontriamo nel mondo digitale. 

L’Impatto degli schermi sul sonno 

L’esposizione agli schermi, soprattutto nelle ore serali, può interferire con il sonno dei bambini. La luce blu emessa dai dispositivi digitali sopprime la produzione di melatonina, l’ormone del sonno, ritardando l’addormentamento e riducendo la qualità del sonno. Il sonno è fondamentale per la memoria, l’apprendimento e la regolazione emotiva; di conseguenza, la mancanza di un adeguato riposo può avere ripercussioni significative sulle prestazioni cognitive e sul benessere generale dei bambini. 

Sfide etiche e sicurezza online 

Un altro aspetto fondamentale riguarda la protezione dei bambini da contenuti inappropriati e dal cyberbullismo. L’accesso a Internet espone i più giovani a rischi come il grooming online, la diffusione di materiale esplicito e la pressione dei social media. La necessità di sviluppare misure di protezione e sicurezza è quindi cruciale per garantire un uso sicuro e benefico della rete. 

Conclusione: verso un uso consapevole e responsabile 

Internet rappresenta un’opportunità straordinaria per l’apprendimento e la crescita cognitiva, ma comporta anche rischi che non possono essere ignorati. Il compito di genitori, educatori e istituzioni è guidare i bambini verso un uso consapevole e attivo della rete, incoraggiando la ricerca, il pensiero critico e la valutazione delle fonti. Fornendo ai giovani gli strumenti per navigare in modo responsabile, possiamo trasformare Internet da potenziale nemico a prezioso alleato nello sviluppo del loro cervello. 

In definitiva, l’impatto di Internet sul cervello dei nostri figli è un fenomeno complesso che richiede un approccio equilibrato e informato. Se da un lato un consumo passivo può avere effetti negativi, un uso attivo e guidato della rete può contribuire allo sviluppo cognitivo e alla crescita personale dei bambini, aprendo le porte a un futuro in cui Internet diventi una risorsa per l’apprendimento e la creatività. 

Fonti:  

  • Internet change-t-il le cerveau de nos enfants? Marine Colombel Le Rendez-Vous, Psychologies (France), Sep 2024. 
  •  Associations Between Screen-Based Media Use and Brain White Matter Integrity in Preschool-Aged Children, John S. Hutton et al. (JAMA Pediatrics, 2020). 
  • Association Between Screen Media Use and Academic Performance Among Children and Adolescents », Mireia Adelantado-Renau et al. (JAMA Pediatrics, 2019). 
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