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Intestino senza pensieri

Uno studio ponderato su una tematica che, secondo i dati, interessa almeno 3 persone su 10

  • Il 30% della popolazione soffre di disturbi dell’apparato gastrointestinale
  • il 40% della popolazione risulta in uno stato di debito cronico di sonno
  • il 35% della popolazione ha problemi di eccesso di peso
  • il 40% della popolazione soffre di ostruzione nasale cronica
  • il 50% della popolazione respira abitualmente con la bocca

C’è un Dottore Farmacista che ha tentato di correlare queste percentuali spurie, questi dati, e ne ha fatto oggetto di studio. Il suo percorso continua, ma intanto ha pubblicato un libro molto interessante: Intestino senza pensieri. La guida completa per capire la tua pancia e smettere di soffrire.

Vita & Salute WEB ha voluto conoscere e intervistare il dottor Francesco Fratto  

Dottor Fratto, dalle pagine del suo libro si legge che «buona parte della popolazione mondiale soffre di qualche forma di disturbo gastrointestinale. In Italia una persona su 10, ma sopra l’equatore la media è di 2 su 10 virgola e in alcuni Paesi addirittura di 3».

Lei afferma che c’è una buona notizia: esiste una cura. Poi aggiunge un’ulteriore informazione: non si tratta di un farmaco.

Stile di vita

Lei è un farmacista, le conviene puntare sugli stili di vita piuttosto che sul rimedio da banco?

«In realtà, credo che puntare su uno stile di vita sano sia fondamentale per due motivi.

  1. In un’ottica di prevenzione, migliorare lo stile di vita permetterebbe al sistema sanitario di risparmiare milioni di euro attualmente impiegati su patologie correlate a stili di vita scorretti, che potrebbero essere dirottati, ad esempio, per aumentare i servizi delle farmacie stesse verso i cittadini.
  2. Allo stesso tempo, credo che adottare uno stile di vita ben equilibrato permetta di ottimizzare la buona riuscita delle terapie indicate dal medico, massimizzando gli effetti dei farmaci usati, limitando le interferenze farmacologiche e permettendo di ridurre le multi-prescrizioni con gli evidenti benefici che ne conseguirebbero. 

Ridurre il numero di farmaci prescritti permetterebbe al sistema sanitario nazionale di investire maggiormente in altre aree ad oggi poco sviluppate. L’aderenza terapeutica o la presa in carico di alcuni tipi di pazienti “complessi” con un ruolo sempre più attivo del farmacista stesso.

Senza scomodare i massimi sistemi ma focalizzandoci sulla realtà quotidiana, sono convinto che aiutare le persone a scelte più consapevoli nel proprio stile di vita possa favorire anche lo stesso consiglio a banco del farmacista».

Integratori

«È indubbio che sempre più cittadini si rivolgano agli integratori con crescente facilità per risolvere i propri piccoli problemi di salute. Tuttavia, se la persona ha una vita poco equilibrata e una dieta sbilanciata, anche il consiglio di un integratore valido può risultare inefficace o poco utile.

Per essere chiari e volendo esemplificare con una situazione molto attuale, penso alla crescente richiesta di rimedi naturali per alleviare leggeri stati di ansia o per disturbi di addormentamento. In questi casi, il mondo naturale ci offre diverse soluzioni come, ad esempio, la valeriana o l’olio di lavanda.

Indubbiamente, è fondamentale che il buon farmacista si faccia carico di scegliere un buon integratore che garantisca la presenza di un adeguato dosaggio di principio attivo, così come indicato negli studi scientifici sull’uomo e allo stesso tempo un produttore che sia in grado di garantire elevati standard di qualità.

Tuttavia, un integratore utile a favorire una maggior quiete fisiologica, seppur scelto con competenza, non sarà in grado di mostrare tutta la sua utilità in una persona che si alimenta in modo scorretto o è incapace di gestire un eccesso di stress».

Probiotici

«Allo stesso modo, potrei citare per restare nel mio ambito preferito, il caso dei probiotici (quelli che un tempo chiamavano fermenti lattici) per la gestione di un intestino irritato.

Anche se la letteratura scientifica suggerisce che alcuni ceppi di probiotici possano essere utili in alcune situazioni, pur scegliendo con oculatezza, difficilmente si potranno avere buoni risultati se la persona interessata mantiene una alimentazione scorretta o poco equilibrata.

In buona sostanza, in un’ottica di ottimizzazione del benessere, per un buon consiglio è fondamentale poter lavorare su una base che abbia di partenza un buon equilibrio.

Altrimenti, si rischia di ritrovarsi a dover spegnere un incendio con una pistola ad acqua».

Equilibrio e Utopia

«Se effettivamente sempre più persone fossero attente al proprio stile di vita, si potrebbe notare un calo di prescrizioni o di rimedi per le autocure.

In quel caso, la farmacia potrebbe perdere una parte della sua anima più commerciale. Per diventare sempre più un luogo di benessere a tutto tondo dove poter aiutare le persone a mantenere più a lungo possibile il proprio benessere. Un po’ come succedeva ai medici nella Cina imperiale, quando, come cito nel libro, il medico veniva pagato solo quando riusciva a mantenere in salute i propri pazienti.

Ora che i medici di base sono sempre meno e sempre più obbligati ad una burocrazia estenuante, hanno certamente poco tempo per poter approfondire con i loro pazienti l’importanza di una alimentazione corretta o di uno stile di vita più sano.

In questo senso, il farmacista potrebbe diventare a tutti gli effetti una figura di riferimento per chi vuole vivere bene e più a lungo.

Forse la mia è una visione utopistica o perlomeno molto ottimistica, che richiederebbe un cambio di rotta marcato dell’attuale situazione. Tuttavia, con l’aumento dell’aspettativa di vita e delle patologie croniche, l’attuale sistema sanitario non potrà sostenersi a lungo.

Spesa sanitaria

Di questo le istituzioni dovranno prenderne atto prima che sia troppo tardi.

Se non si vuole tagliare drasticamente la spesa sanitaria, è fondamentale iniziare a diffondere benessere attraverso la promozione di stili di vita sani.

Credo che nel panorama italiano, la figura del farmacista sia attualmente quella più in grado di agire in questa direzione».

Omeostasi

Lei è un medico allenato all’ascolto, in equilibrio perenne tra le sofferenze del paziente e la sua cultura medica. Ho notato nelle pagine del suo lavoro l’insistenza al tema dell’equilibrio. Ce ne vuole parlare?

«Il nostro organismo si regge interamente sul mantenimento di un equilibrio delicato, complesso e magnificamente sofisticato. Probabilmente, l’equilibrio omeostatico è un concetto non molto conosciuto ma è uno dei fondamenti del nostro benessere psicofisico.

L’omeostasi, ovvero la capacità di autoregolazione degli esseri viventi, è fondamentale per mantenere costante l’equilibrio dell’ambiente interno dell’organismo in relazione alle variazioni dell’ambiente esterno.

In parole povere, per garantire al nostro corpo una condizione di benessere, ogni apparato del nostro sistema deve mantenere un equilibrio complessivo che gli garantisca buona funzionalità. Analogamente, a loro volta, tutti gli apparati devono interagire tra di essi per assicurare un equilibrio più ampio che permetta il mantenimento del benessere generale dell’organismo stesso.

La medicina occidentale nello straordinario sviluppo tecnologico diagnostico e terapeutico dell’ultimo secolo si è sempre più segmentata in piccole parti. Ogni parte si occupa di piccole porzioni del nostro corpo, trascurando a volte l’equilibrio dell’insieme».

Farmaci, arma a doppio taglio

«L’eccezionale efficacia dei farmaci ad oggi disponibili sta tuttavia diventando un’arma a doppio taglio. Possiamo infatti “spegnere” un sintomo in pochi giorni (la pressione alta, eccesso di colesterolo, un mal di pancia…). Ma rischiamo di “insabbiare” il problema solo temporaneamente.
Se non agiamo prioritariamente sulle cause (e quindi individuando quale sia l’equilibrio che si è interrotto), un farmaco non sarà in grado di rispondere al nostro bisogno di benessere nel lungo termine.

  • Una pressione elevata in una persona obesa è spesso la conseguenza del peso in eccesso che comprime i vasi sanguigni.
  • Il colesterolo alto in una persona sedentaria potrebbe essere il segnale di una insufficiente attività fisica.
  • Un gonfiore subito dopo il pasto potrebbe derivare da una masticazione insufficiente o troppo frettolosa.

Indubbiamente, nell’armamentario del medico o del farmacista ci sono pillole capaci di tenere a bada questi sintomi. Ma a lungo andare se non correggiamo il problema di fondo, ripristinando l’equilibrio che è stato alterato e ha causato il problema, il nostro corpo ce ne renderà conto, spesso con manifestazione ancora più importanti».

Corpo e mente

«Attenzione però. In tutto questo discorso di delicati equilibri biologici non possiamo trascurare che anche la mente gioca un ruolo determinante nel benessere del corpo. Corpo e mente si influenzano in un continuum circolare che spesso sottovalutiamo, trascurando di fatto l’impatto che una psiche sofferente può avere sulle funzioni biologiche del corpo.

Le manifestazioni intestinali, tipiche di una condizione come la sindrome dell’intestino irritabile, in cui non vi è presenza di una patologia organica vera e propria, sono spesso accentuate o innescate da un disequilibrio della mente (ansia, percezioni esasperate) in grado di influenzare i meccanismi biochimici e cellulari.

Questo rapporto bidirezionale tra corpo e mente, oggi ridefinito come asse intestino-cervello, è fondamentale per la nostra salute. Non può esistere un equilibrio del tutto (l’organismo) se non sono in equilibrio anche le sue parti (cervello e intestino).

I giusti tempi di recupero e di riposo, una alimentazione bilanciata, un’adeguata dose di attività fisica, la capacità di gestire lo stress sono elementi fondamentali per ottimizzare la salute dell’organismo. Non esiste alcuna pillola magica che possa garantire l’equilibrio di tutti questi fattori.Dipende solo da noi.

A qualcuno probabilmente questa cosa non andrà giù perché in fondo implica un po’ di attenzione alle nostre scelte quotidiane, ma non c’è alternativa».

Salute e ruolo delle Istituzioni nella prevenzione

Mi ha colpito molto la sua ammissione: «Sappiamo tutto o quasi del funzionamento di un’automobile, siamo però pressoché ignoranti per ciò che concerne la nostra macchina, il funzionamento del nostro corpo».

Quali sono le dimensioni conoscitive sulle quali costruire il benessere e, di conseguenza, il benessere del nostro intestino?

«Oscar Wilde diceva che la “salute è il primo dovere della nostra vita”, eppure istituzioni e società sembrano non condividere questo aforisma.

Di benessere a 360° se ne parla sempre troppo poco. A scuola, dedichiamo qualche ora a conoscere il corpo umano. Ma è una conoscenza teorica, anatomica che non approfondisce come dovremmo farlo funzionare per poter restare in salute.

Alla fine del percorso scolastico i nostri ragazzi sanno ben poco di come dovrebbero alimentarsi per restare in salute o di come l’attività fisica influisca sul loro benessere mentale.

Ancora meno viene spiegato loro, come gestire lo stress e i ritmi iperproduttivi della società moderna quando si troveranno nel mondo del lavoro.  Né tantomeno viene insegnato quanto sia importante dedicare un numero adeguato di ore di sonno per recuperare nel modo ottimale dagli impegni quotidiani.

Dopo la scuola, le occasioni per approfondire il funzionamento del nostro organismo e di come tenerlo in efficienza sono ancora più scarne. Con i social, negli ultimi anni, c’è stata più possibilità di accedere alle informazioni. Ma coloro che prestano un’attenzione particolare a temi come il wellness o la longevità sono una percentuale esigua della popolazione.

Le istituzioni, come abbiamo già accennato, avrebbero tutta la convenienza a comunicare ai cittadini i vantaggi della prevenzione. Ma poi nella realtà le campagne per promuovere stili di vita sani sono piuttosto rare.

Non sono sicuramente un complottista, ma forse a molti le cose vanno bene così.

Non penso solo alla industria farmaceutica, le cosiddette Big Pharma, per la quale una popolazione meno in salute è indubbiamente un mercato fiorente. Ma anche a tanti altri settori che per vantaggi economici probabilmente non hanno molto interesse a far sì che la prevenzione diventi un tema preminente».

Esempi?

«Qualche esempio. L’industria alimentare che riempie i nostri supermercati di cibi studiati a tavolino sempre più appetibili grazie all’utilizzo di zuccheri, sale e grassi aggiunti in proporzioni ideali per aumentarne il consumo. Oppure il settore della ristorazione che premia il junk food o le porzioni sempre più generose.

Penso anche al settore dell’intrattenimento televisivo e dell’intrattenimento serale. Si costringono milioni di persone a privarsi del sonno per palinsesti o attività sempre più spostate verso le ore notturne.

Oppure tutto il mercato tecnologico che ci propone continuamente dispositivi e soluzioni per avere tutto a portata di dito e risparmiare fatica.

Così alla fine delle nostre giornate, abbiamo speso molte meno energie non solo rispetto al nostro antenato homo sapiens, ma anche rispetto a quanta spesa calorica giornaliera consumava di media una persona negli anni Settanta.

Allo stesso modo, possiamo facilmente constatare come il mercato del lavoro spinga sempre più verso standard iperproduttivi che spesso costringono moltissimi lavoratori a ritmi insostenibili.

E poi potremo citare la sempre più esasperata spinta ai consumi, gli algoritmi dei social, le sollecitazioni degli influencer. E i modelli di successo nutriti dal jet-set, l’ipervigilanza nutrita dall’esasperazione di notizie negative che riportano i media…

Tutti fattori che rendono sempre più complicato mantenere un sufficiente equilibrio psicofisico.

Non sono certo una persona intransigente o moralistica. Il progresso e la tecnologia ci danno delle opportunità incredibili, un tempo inimmaginabili.

Tuttavia, non è facile sopportare il peso di tutto questo ben di Dio senza la necessaria consapevolezza di come funziona il nostro organismo e di quello di cui ha bisogno per restare in salute.

Un po’ come essere diventati improvvisamente proprietari di una magnifica Ferrari subito dopo aver ricevuto la patente. Il rischio di andare fuori giri o di finire fuori strada alla prima curva è molto molto alto».

Filosofia sana

«Siamo quello che mangiamo» sosteneva Ludwig Feuerbach. Lei ha ricostruito una storia breve di questa convinzione olistica, potrebbe darcene un estratto?

«“Siamo quello che mangiamo” è probabilmente uno degli aforismi più citati di sempre. La frase compare per la prima volta in una recensione che Feuerbach dedica al Trattato dell’alimentazione per il popolo del medico e fisiologo olandese Jakob Moleschott, pubblicato in Germania nel 1850. Un’opera a quel tempo rivoluzionaria, poiché poneva il cibo all’origine della società, del pensiero, della religione e persino delle differenze culturali e di classe.

Successivamente, nel 1862, dodici anni dopo la sua discussa recensione, lo stesso Feuerbach pubblicò “Il mistero del sacrificio o l’uomo è ciò che mangia” per rispondere alle polemiche che erano nate dalle sue parole.

Sebbene la sua fosse una visione filosofica più che scientifica, Feuberach sosteneva che un popolo poteva migliorare migliorando la propria alimentazione, poiché credeva fortemente nell’unità psicofisica degli individui. Era convinto che corpo e mente fossero un unico insieme che non ha senso scindere. E dimostrò che il pensiero comincia proprio dalla pancia e poi arriva alla testa.

La scienza moderna oggi ha dato concretezza e validità a quella visione. Ha evidenziato come il cibo influenzi in modo importante il nostro benessere, sia fisico che psichico.

E poiché ciò che mangiamo dipende dalle nostre scelte, dovremmo prenderci maggiori responsabilità. Dovremmo riformulare la frase del filosofo tedesco con “siamo quello che scegliamo di mangiare”.

Per questo, credo sia sempre più fondamentale acquisire consapevolezza di ciò che può aiutare o peggiorare la nostra salute, sforzandoci attivamente di essere noi stessi gli artefici del nostro benessere».

Unità

Siamo un tutt’uno, dentro e fuori (unità pneumo-psicosomatica)… questa convinzione sta facendosi spazio anche tra gli operatori medici contemporanei o si fa ancora fatica?

«Negli ultimi anni le neuroscienze hanno sdoganato molti dei pregiudizi che la medicina “occidentale” aveva nei confronti di pratiche millenarie, come la meditazione o le tecniche di respirazione della tradizione yogica, evidenziando come la mente possa avere un ruolo molto importante nella gestione del benessere della persona.

Le tecnologie moderne di indagine come risonanza magnetica e tomografia assiale computerizzata hanno, ad esempio, finalmente permesso di investigare come determinate aree del cervello vengano attivate da chi pratica regolarmente la meditazione.

Allo stesso modo, vi sono tecniche di biofeedback come la sempre più usata Variabilità della Frequenza Cardiaca, che vengono utilizzate per monitorare l’efficacia delle tecniche di gestione dello stress, come la respirazione o il training autogeno ed i benefici ad esse collegate.

Analogamente, la ricerca genetica sui microbi intestinali, iniziata non più di una decina di anni fa sta aiutando la comunità scientifica a capire come la miriade di batteri che popolano il nostro intestino riesca attraverso la formazione di diversi neurotrasmettitori ad interagire con il cervello e con altri apparati del nostro organismo, in un processo bidirezionale.

La capacità dei batteri intestinali di produrre sostanze chimiche in base alla sollecitazione della mente è quanto mai affascinante e fornisce una spiegazione concreta e biologica degli effetti di molte pratiche di medicina alternativa o degli stessi fenomeni di autoguarigione

Credo che il progresso tecnologico medico-scientifico stia dando un grande impulso alla consapevolezza dell’influenza della mente sul corpo da parte della classe medica.

Penso perciò che nei prossimi anni l’interesse verso questi argomenti sarà sempre maggiore. Sempre più medici ed esperti aumenteranno le loro competenze in questi settori.

Chiaramente molte delle evidenze scientifiche alla base degli argomenti di cui abbiamo accennato in questa chiacchierata e che ho cercato di spiegare nel mio libro non erano riportate nei libri di testo universitari in cui hanno studiato la maggior parte dei medici attuali, per ovvi motivi temporali. Chi è riuscito a tenersi aggiornato, nonostante la miriade di impegni burocratici che attualmente assillano i nostri medici, ha indubbiamente acquisito più familiarità con questi concetti.

Gli altri potrebbero essere ancora dubbiosi o perplessi, ma penso che ormai sia solo una questione di tempo. Anche i più scettici non potranno fare a meno di considerare l’importanza delle tematiche di cui stiamo discutendo».

E questa è solo la prima di altre puntate…

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