Signora Rosa, qualche decennio fa lei è stata mamma di centinaia di bimbi biondissimi, bielorussi in gran parte.
Sfogliando l’album dei ricordi rivedo momenti così intensi di emozioni e ricchi di tante attività per dei bimbi venuti da lontano e bisognosi di aiuto. Avevano necessità di trascorrere un periodo al mare e per essere esposti allo iodio. Per provare ad allontanare quelle fragilità che avevano subito e sopportato sulla loro pelle con l’esposizione alle radiazioni della centrale di Cernobyl.
Perché lei, suo marito e la sua comunità marchigiana, vi siete prodigati in questa dimensione di accoglienza?
Iesi è stata una cittadina accogliente, pronta a concretizzare un sentimento di partecipazione, vicina al mare. E così abbiamo accettato la proposta dell’Opera Sociale Avventista (oggi ADRA). Tutti, ma veramente tutti, senza escludere nessuno hanno dato mente, mezzi, cuore per prodigarsi verso quei bambini che nessuno conosceva.
Cos’era successo, non tanto ai bimbi, ma a voi tutti? La comunità cittadina, la comunità allargata, riuscì a essere sensibilizzata o trovaste ostacoli?
Abbiamo percepito amore vero i più deboli ed abbiamo coinvolto prima i fratelli della nostra comunità e piano piano la cittadinanza intera. Le autorità cittadine, i servizi educativi (Nadia Cenci), il sindaco (Marco Polita) offrirono il loro massimo impegno. Misero a disposizione una intera struttura scolastica e uno scuolabus con autista. Per un mese, i bambini accolti, seguivano un programma al mare ogni mattina e attività ricreative di pomeriggio con ottimi pasti preparati con cura dai volontari.
Durante i weekend le famiglie potevano ospitare i bimbi facendo vivere loro un’altra dimensione di accoglienza. La solidarietà è stata immensa, ancora oggi a distanza di 30 anni non si può dimenticare. I bimbi erano giunti con un piccolissimo bagaglio e ripartivano con un bagaglio carico. E se avessimo potuto avremmo mandato anche il nostro cuore ma rimanevano gli occhi lucidi e tanta nostalgia con l’augurio di rivederli l’estate successiva.
Si ricorda qualche esperienza particolare?
La sera prima della partenza era la più commovente. Nella piazza cittadina si organizzava una festa per permettere alla cittadinanza di salutare i bambini alla presenza del sindaco e delle autorità. I ragazzi cantavano i canti che avevano imparato in italiano, qualche canto in russo.
E c’erano tante persone. Coloro che avevano offerto non solo cose materiali ma solidarietà amicizia e affetto. I bambini raccontavano la gioia di essere stati con noi tutti e aver goduto di un mese di spensieratezza e di emozioni.
Era bello vedere come i legami con i nostri figli, con gli scout della comunità, fossero talmente profondi. Si poteva percepire la loro tenerezza
Che emozioni prova nel pensare che alcuni di quei bambini potrebbero in questo momento imbracciare un fucile?
Oggi quei bimbi biondi con gli occhi chiari, sorridenti, educati, sono delle mamme e dei papà che hanno ricevuto tanto affetto. Hanno cantato che Gesù ama tutti i Bimbi della terra… Hanno ascoltato storie del Vangelo. E ll sabato mattina erano presenti nella chiesa Avventista a raccontarsi e ascoltare un messaggio (con la traduzione) proprio per le loro.
No, non voglio credere che siano pronti a fare del male, a costringere altre persone a scappare e a difendersi. Sono convinta che il piccolo seme che hanno ricevuto possa trovare uno spiraglio di luce nel loro cuore e nella loro mente.
È probabile che da quelle zone arrivino migliaia di profughi, malgrado siano passati gli anni si sentirebbe ancora pronta a proteggere queste creature?
Certamente, lo abbiamo fatto e lo rifaremo ancora. Anche se le energie non sono più quelle di una volta e, io e mio marito Francesco non siamo responsabili di una comunità, non bisogna avere timore a prodigarsi per il prossimo perché siamo e saremo sempre noi i primi a ricevere benedizioni.