Energia e ITER
Dr. Marco Ciotti, il tema dell’energia è un argomento che trova larga sensibilità nell’opinione pubblica e non da ora. L’Agenda 2030 dell’ONU che detta la linea per evitare di soccombere alle tragiche evidenze causate dal surriscaldamento globale, la guerra a un est molto prossimo, e la crescita della domanda di energia…
L’Italia partecipa al progetto internazionale per lo sviluppo dell’energia da fusione e per la costruzione del primo reattore a fusione sperimentale (ITER). Lei e la sua equipe vi lavorate da tempo.
Ci potrebbe illustrare a grandi linee l’obiettivo del vostro impegno?
«ITER è, innanzitutto, un’impresa mondiale alla quale partecipano tutte le maggiori le nazioni tecnologicamente più evolute del nostro pianeta. Il progetto vede impegnate in una strettissima collaborazione l’Europa, la Cina, l’India, la Federazione Russa, gli USA.
Voglio cogliere l’occasione per sottolineare che a ITER partecipano con i loro ricercatori di ogni etnia e credo religioso, donne e uomini di scienza che in nome della stessa si ritrovano tutti assieme. La scienza si dimostra ancora una volta al di sopra di quelli che sono i giudizi politici o religiosi o economici.
Nella fattispecie, ITER vuole essere una macchina sperimentale, volta allo studio della fusione nucleare controllata per sviluppi di tipo energetico. Purtroppo, non è un vero e proprio reattore come intendiamo noi, cioè una macchina che può produrre direttamente energia, perché la ricerca in ambito fusionistico è ancora lunga e la roadmap prevede uno sviluppo da compiersi ancora in diverse decine di anni».
Energia delle stelle
Perché ancora così tanto tempo?
«Perché è difficile. Noi vogliamo, provare a ricreare le condizioni, a livello concettuale, che ci sono nelle stelle. Nel nostro sole, dove, però, è tutto più semplice perché e le dimensioni facilitano il confinamento della materia del quale l’astro è costituito: il plasma.
Questo stato della materia non era ben conosciuto fino ad alcuni decenni fa, pur essendo il materiale con il quale è costituito l’universo, la maggior parte del cosmo è costituita di plasma.
Ecco, noi fusionisti vogliamo tentare di ricrearlo in condizioni simili a quelle delle stelle, ovvero, in condizioni di temperatura e densità alle quali gli atomi di cui è costituito il plasma possano fondersi generando un eccesso di energia da poter sfruttare…
È un processo difficile ma dobbiamo provarci e dobbiamo continuare a provarci perché,
prima o poi, i combustibili fossili finiranno o diventeranno così scarsi da innescare quello avviene da sempre. La maggior parte delle guerre che abbiamo avuto sono state incentrate sul controllo delle fonti energetiche. Noi vorremmo arrivarci prima, prima che le tensioni geopolitiche degenerino. Vogliamo cercare tutti i modi possibili per ottenere un’energia abbondante, equamente distribuita, un’energia democratica e accessibile a tutti i paesi, indipendentemente dalla loro ricchezza o livello di tecnologia. Questo è uno sforzo nel quale l’umanità si deve cimentare con convinzione».
ITER – Rischi e benefici
Cosa si intende quando si parla di fusione nucleare?
Quali i rischi e quali potrebbero essere, invece, i benefici?
«La fusione nucleare è un processo di produzione di energia pressoché privo di rischi, fermo restando che si tratta pur sempre di impianti industriali. Presenta gli stessi rischi che possono esserci nelle centrali elettriche o in qualunque impianto industriale. Il processo di fusione, a differenza di quello a fissione, è molto difficile da innescare. Mentre per la fissione alcuni atomi pesanti tendono a scindersi innescati da un processo che si avvia con una certa facilità e si spegne completamente solo con tempi lunghi, il sistema a fusione si arresta immediatamente. Nessun pericolo, davvero nessuno».
Materiale per la fusione
Il processo energetico ricavato dalla di fusione, lei diceva, produce un’energia equidistante… Dove si trova il materiale per la fusione?
«La fusione che stiamo cercando, poi ci sono anche diverse altre possibilità, si basa sulla reazione tra il Deuterio, un isotopo dell’Idrogeno (H), che è un materiale presente ovunque, anche nell’acqua e il Trizio, un isotopo anch’esso dell’Idrogeno, che si può generare all’interno dello stesso reattore partendo dal Litio, altro elemento facilmente reperibile in natura.
Quando si avvia la reazione, questa si autoalimenta… per dirlo in parole semplici.
Quindi, ritornando alla domanda: il combustibile c’è ovunque. Ci sono 5 o 6 punti ancora aperti sui quali bisogna cercare di trovare una soluzione ma ci sta lavorando tutto il mondo.
Migliaia di ricercatori in tutto il pianeta, le persone più qualificate che esistono nel campo nucleare, sono alla ricerca delle soluzioni giuste. Siamo fiduciosi che tra alcune decine di anni sarà possibile riuscire a trovarle. Potrebbe anche accadere che, studiando questo fenomeno, si trovino delle scorciatoie e magari si riesca ad accelerare un po’ i tempi. Speriamo».
Volontà politiche
Dottor Ciotti, sentiamo parlare di fusione nucleare da decenni. Lei crede che questa difficoltà ad arrivare al punto sia dovuta alla facilità di approvvigionamento dei combustibili fossili, degli idrocarburi in generale o alla mancanza di tecnologia? O ancora, a una mancanza di volontà politica?
«È chiaro, fintanto che facendo un buco a terra sgorga il petrolio, questo non facilita la ricerca di fonti alternative. Negli ultimi 20 o 30 anni non c’è stata questa sensibilità, perché appagata facilmente. L’unica sensibilità emersa è stata dovuta, piuttosto, ai gas climalteranti. La sicurezza energetica come valore a sé stante non è non è stato molto enfatizzato.
Felice Ippolito diceva: se devo parlare di energia a un uditorio, nella sala togliete prima la corrente elettrica per qualche ora, e poi arrivo io…
Questo perché le persone non tendono a essere sensibilizzate sull’importanza di questo tema cruciale se questo viene dato per scontato. Senza energia non funziona nulla. E quindi c’è stata, certo, un po’ di sottovalutazione del problema, soprattutto in merito alla sicurezza energetica. Oggi sale un po’ alla ribalta, per via del conflitto alle nostre porte. Tutto ciò non ha facilitato la ricerca ma non è però questo il motivo per cui non si è ancora riusciti a centrare l’obiettivo della produzione di energia da fusione.
La fusione nucleare è difficile e complessa. L’umanità ci lavora con continuità, vengono stanziati dei fondi, l’impegno c’è. L’Italia porta alta la bandiera che avevamo già da Fermi. Siamo un popolo che da sempre ha dato un contributo rilevante in questo ambito particolare. Sulla fissione siamo meno centrali rispetto alla ricerca mondiale, mentre invece nel campo della fusione abbiamo le nostre strutture, abbiamo i nostri ricercatori, diamo un contributo di rilievo».
Scienza e genere
Lei ha fatto un bellissimo preambolo dicendo che l’umanità intera lavora in questo progetto…
Ci ha fatto veramente piacere sentire che si lavora senza barriere ideologiche, di religione e di genere.
«È così. Decine e decine di donne che lavorano alla fusione. Vorrei lei potesse chiedere a ognuna se si sente discriminata. Le risponderebbero tutte di no».
Conflitto e scienza
Lei crede ci possano essere delle ripercussioni per via della rimappatura geopolitica dovuta a questo conflitto?
«Purtroppo, è possibile che ci siano delle ripercussioni. Noi speriamo che siano transitorie. Tra colleghi non c’è nessun problema, anzi c’è molta solidarietà. Gli scienziati sono sempre stati contro i conflitti perché la conoscenza non va avanti quando ci sono queste tensioni geopolitiche.
No, non ci saranno delle ripercussioni a lungo periodo. Nel contingente è chiaro che le comunicazioni, le attività che erano in comune, gli accordi, possano essere temporaneamente sospesi. Appena finirà questo conflitto, i primi rapporti che saranno ripresi saranno certamente quelli della comunità scientifica».
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