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Libertà accademica e cervelli liberi

A che punto siamo in Italia?

L’Academic Freedom Index (AFI) valuta i livelli di libertà accademica nel mondo sulla base di 5 indicatori:  

  1. libertà di ricercare e insegnare;  
  1. libertà di scambio e diffusione accademica;  
  1. autonomia istituzionale;  
  1. integrità del campus;  
  1. libertà di espressione accademica e culturale.  

L’AFI comprende 179 paesi e territori e fornisce il set di dati più completo sul tema della libertà accademica. 

Come funziona? 

L’AFI si basa sulle valutazioni di 2.197 esperti nazionali in tutto il mondo, su questionari standardizzati e un modello statistico consolidato, implementato e adattato dal progetto V-Dem

L’Academic Freedom Index utilizza un metodo del modello di misurazione bayesiano per l’aggregazione dei dati: non solo fornisce le cosiddette stime puntuali, ma riporta anche in modo trasparente l’incertezza di misurazione nella valutazione globale della libertà accademica.  

Un po’ di storia 

Il progetto Academic Freedom Index (AFI) è iniziato nel 2017 con una consultazione di esperti a Colonia, finanziato dalla Fondazione Fritz Thyssen.  

Nel 2019, con il sostegno finanziario dell’OSF’s Higher Education Program, i ricercatori della Friedrich-Alexander-Universität Erlangen-Nürnberg (FAU), del V-Dem Institute, dello Scholars at Risk Network e del Global Public Policy Institute hanno unito le forze per lanciare il primo versione dell’AFI, che è stata rilasciata nel 2020.  

Ogni anno, dal 2017, viene pubblicato un report (index); di seguito alcuni i dati sommari riguardanti l’anno 2022 e un commento del Ricercatore Francesco Napolitano. 

«La libertà accademica è in ritirata per oltre il 50% della popolazione mondiale – 4 miliardi di persone. L’aggiornamento di quest’anno dell’AFI identifica 22 paesi e territori in cui le università e gli studiosi godono oggi di una libertà significativamente inferiore rispetto a 10 anni fa».  

«Nello stesso periodo, la libertà accademica è migliorata solo in 5 piccoli paesi, a vantaggio di appena lo 0,7% della popolazione mondiale.  

La libertà accademica ristagna nella maggior parte dei paesi (152), spesso a un livello troppo basso».  

Dottor Napolitano, quanto vale la libertà accademica?  

«E’ fondamentale per ogni democrazia.  Significa che i “cervelli” di un paese sono liberi di “pensare” a ciò che vogliono.  

In una dittatura, ai fisici potrebbe essere imposto di studiare solo l’energia atomica, agli informatici la cyber-sicurezza, ai biologi l’editing genetico dei patogeni.  

In una democrazia degna di questo nome, invece, i ricercatori seguono la propria vocazione scientifica: se uno vuole studiare il moscerino della frutta (organismo per altro molto studiato), lo fa e il governo non può mettere bocca!». 

E in Italia, come siamo messi? 

«Si dà il caso che, secondo l‘Indice della Libertà Accademica, stilato dall’Università bavarese di Erlangen–Nuremberg, l’Italia per il 2022 si attesti al quarto posto tra i paesi con più alto indice di libertà accademica del pianeta.  

Sopra di noi Repubblica Ceca, Estonia e Belgio, mentre le Germania è subito dopo di noi. Senza troppe sorprese, chiude la lunga classifica la Corea del Nord». 

Allora da noi tutto ok? 

«Sì, per certi versi… il reclutamento universitario è ultra-contorto e super-lento, i fondi scarseggiano e pure gli stipendi sono quelli che sono. Ma se si ottiene una posizione accademica in Italia, mediamente nessuno può sindacare sui tuoi risultati scientifici (a parte gli aspetti legati alla produttività, ovviamente). 

Si tratta dunque di un risultato di scarsissima fama, ma di grande importanza. È il caso di tenerne conto, e magari ricordarsi di salvaguardarlo». 

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