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Vita&Salute WEB ha voluto a ogni costo incontrare Marco Martalar, uno scultore, un artista a tutto tondo innamorato della sua montagna, un uomo dei boschi. Nelle sue mani la foresta prende nuova vita e bellezza.
C’eravamo sentiti l’inverno scorso, quando a Jesolo stava allestendo alla Jesolo Sand Nativity il suo ‘Angelo di Vaia’ un’opera strepitosa alta 4 metri, un vero miracolo. Abbiamo creato un contatto e continuato a seguirne i lavori.
La Genesi
Marco Martalar, non mi dica che tutto è cominciato dal regalo di un coltellino per il decimo compleanno…
«Tutto è cominciato nel vedere a 13 anni la pietà di Michelangelo. Ne fui stregato e mi dissi che questo sarebbe la cosa più esaltante da fare da grande».
Lei la scultura l’ha nella mente e poi cerca il materiale per realizzarla o, come i suoi più illustri maestri, è il blocco di marmo (o il ceppo di legno e le ramaglie) a suggerirgliela?
«Io in mente ho una quantità enorme di figure, poi arriva il momento e la realizzo. La sfida inizia ora: con questa nuova tecnica non ho problemi di materiale devo solo raccogliere legname in bosco».
Lei si sente più un artista inventore o un artista levatrice?
«Io sento solo un bisogno potente di esprimere, di materializzare quello che ho in testa che per me è importante, vitale, a volte morboso».
L’Apocalisse
Cosa ha rappresentato per lei Vaia? Quando passo per le vallate colpite rimango scioccato da tanta violenza; lei ha lo stesso sguardo o il suo è meno superficiale?
«Vaia è stata la svolta, qui in montagna tutti lo hanno sentito quel forte vento che ha messo sotto sopra i nostri boschi. Ho sentito il dovere di dare dignità a quelle piante. La natura si esprime con tutte le sue forme e a volte è molto violenta. Io, dopo quasi 4 anni, vedo e vivo i boschi come una rinascita di vita, la natura si sta riappropriando di quei luoghi in maniera creativa e piena di vita».
La speranza
Cosa spera di suscitare con le sue opere? Nascondono anche una finalità di sensibilizzazione ecologica?
«Credo che quel legname parli già chiaramente, basta solo metterlo in luce. Pochi si soffermano a osservare mentre ci camminano sopra e dentro, ecco è questo che cerco di fare con la mia scultura: costruire un ponte tra uomo e natura senza il quale a noi non resta che un triste destino».