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Trapianto di cornea: nuove frontiere

Pelle di maiale per recuperare la vista

  • Trapianto cornea 
  • Costrutto suino bioingegnerizzato 
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  • Speranze 

Nature 

Un team di ricercatori dell’Università di Linköping (Svezia), in collaborazione con una società di bioingegneria svedese LinkoCare Life Sciences, ha utilizzato la pelle di maiale proveniente dall’industria alimentare per supplire alla carenza di disponibilità di cornee umane. Ha prodotto uno studio pubblicato di recente dalla rivista Science

L’abstract dello studio su Nature è riassumibile in queste poche righe: 

La compromissione visiva da malattia stromale corneale (dal greco στρῶμα, strôma, ovvero strato o copertura) colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Grazie a un tessuto corneale ingegnerizzato, un costrutto suino bioingegnerizzato, una doppia reticolazione (BPCDX) e un metodo chirurgico minimamente invasivo per il suo impianto, è possibile risolvere il problema iniziale e il ripristino della vista in un modo efficace. Una modalità più sicura, più semplice e più semplicemente disponibile rispetto al classico trapianto di cornea da donatore. 

I risultati sperimentali? 

Eccoli: 

  • 20 pazienti con cheratocono in stadio avanzato hanno visto ripristinato spessore e curvatura corneale con risultati molto simili a quelli di solito ottenibili con cornee provenienti da donatori umani. 
  • 14 pazienti affetti da cecità corneale, dopo due anni hanno riacquistato la vista. 

Noi di V&S WEB, sul tema, abbiamo voluto interpellare il Professor Matteo Piovella. Dal 2009 Presidente della Società Oftalmologica Italiana, l’Ente Morale riconosciuto dallo Stato fondato nel 1869 in cui confluiscono i 7000 Medici Oculisti italiani. 

Professore le frontiere della medicina in generale e dell’oftalmologia paiono spostarsi sempre più verso l’orizzonte. 

Ci descrive in qualche nota divulgativa il fulcro della sperimentazione descritta nell’articolo di Science? 

«La medicina in tutto il mondo è in continua evoluzione per fornire cure sempre migliori e più efficaci. L’industria farmaceutica investe importi molto elevati e oggi è diventata il motore della ricerca. I capitali investiti contano molto dati i costi proibitivi necessari dalla fase di sviluppo di un farmaco o di un dispositivo medico fino alla sua approvazione da parte delle Agenzie nazionali (AIFA, FDA, Agenzia Europea). Tali costi possono arrivare a 100 milioni di euro. E questo oggi è un problema che sta eliminando dal mercato le piccole e medie aziende del mondo farmaceutico in quanto a ricerca.  

Breve storia del trapianto di cornea 

La necessità di poter sostituire la cornea, la lente del potere di 44 diottrie che limita la parte anteriore dell’occhio essendo posta davanti all’iride, a causa della perdita della sua trasparenza, rappresenta la prima azione straordinaria nel campo dei trapianti d’organo.

In Italia le prime cornee trapiantate furono quelle di Don Gnocchi nel febbraio 1956. L’intervento fu eseguito dal Prof Cesare Galeazzi su un ragazzo reso cieco dalla calce viva e su una ragazza di 17 anni. Un occhio a testa e gli interventi riuscirono miracolosamente perfetti.  

Il Prof Galeazzi operò non rispettando le leggi allora vigenti che di fatto impedivano in Italia i trapianti.  

Da allora la tecnica chirurgica è costantemente migliorata come i risultati pratici a vantaggio dei pazienti. All’inizio vi è stato il problema circa la disponibilità delle cornee da poter essere trapiantate. Da 10 anni la rete delle Banche degli Occhi provvedono alle necessità del nostro Paese fornendo 12.000 cornee da trapiantare per le necessità quotidiane dei pazienti.

Le tecniche si sono evolute e oggi in molti casi è sufficiente effettuare solo il trapianto di endotelio, lo strato molto sottile posizionato nella parte interna della cornea, evitando così il trapianto a tutto spessore caratterizzato da difficoltà maggiori decorsi post-operatori molto lunghi come altrettanto lunghi i tempi di recupero della vista.

Esistono ancora oggi casi estremi molto complessi che hanno totalmente reso opaca la cornea e che sono complicati da risolvere a causa dei rigetti e di altre difficoltà».  

Lo studio pubblicato 

«Lo studio sperimentale pubblicato su Nature presenta delle innovazioni di grande valore che necessitano ancora di tempi adeguati prima di poter valutare la sua efficacia e la sua validità oltre alla possibilità di essere adottato in numeri significativi nei Paesi con assistenza sanitaria di primo livello, rispetto ai Paesi privi di assistenza sanitaria».  

Prevenire è meglio che curare… 

«Oggi il cheratocono lo si controlla e gestisce sottoponendosi a visita medico specialistica oculistica seguendo il calendario della SOI che prevede una visita oculistica alla nascita, entro i tre anni di vita, il primo giorno di scuola, dai 10 ai 15 anni per identificare l’insorgenza della miopia poi si salta ai 40 anni con visita oculistica ogni due anni, per finire dopo i 60 anni una volta all’anno».  

Perché?  

«Perché effettuando una mappa corneale si effettua una diagnosi precoce del cheratocono e si applica il trattamento cross linking capace di stabilizzare e fermare la progressione dell’alterazione della cornea. Del resto, lo stesso trattamento viene utilizzato in questo studio sperimentale per cross linkare le fibrille di collagene (dandogli quindi una forma resistente poco alterabile nel tempo) non umane.  

Questo è un vantaggio per i Paesi dove i donatori non ci sono e il servizio sanitario non esiste. Ma anche eseguire questa procedura dello studio sperimentale obbliga a un sistema organizzativo oculistico sicuramente efficiente e ben organizzato. I due Paesi India e Iran dove sono state effettuate le sperimentazioni non sono riconosciuti quale protocollo regolatorio di attuazione da altre nazioni.  

Concludendo? 

«In conclusione, è straordinario essere risusciti a rendere compatibili le fibrille di collagene del maiale con la possibilità di impiantarle a livello dello stroma di una cornea umana. I risultati a livello di recupero della vista restano limitati rispetto alle tecniche tradizionali oggi applicate e disponibili in Italia.  

Tutto questo trova ampio utilizzo nei Paesi privi di organizzazione sanitaria rispetto agli altri Paesi. Occorrono anni per migliorare la metodica, avere un’esperienza di anni dopo l’intervento con la possibilità di migliorare i risultati visivi che oggi sono inferiori rispetto allo standard.  

Quindi informazione da celebrare e riconoscere, certo, visto che non si era mai riusciti a ottenere alcun risultato fino ad oggi e adeguata informazione circa la disponibilità pratica che oggi può essere valutata entro i 10 anni da ora». 

Se ti è piaciuto l’articolo leggi anche Gli alimenti che fanno bene alla vista.

  

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