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Nicotina, le mosse di Big Tobacco per renderci dipendenti

  • Dietro la massiccia diffusione di prodotti alternativi alle tradizionali sigarette si nasconde il tentativo di continuare a tenere legati a sé i fumatori 
  • A partire dall’idea che questa offerta è meno dannosa. Ecco cosa c’è di vero 
  • Minore emissione non equivale necessariamente a minore danno. Una correlazione lungi dall’essere dimostrata 

Cambiano i tempi, cambiano le strategie delle multinazionali del tabacco, ma resta fermo un obiettivo: fare soldi. Anche se a rimetterci sono i consumatori, per colpa delle malattie causate dal fumo, ma anche dai prodotti “senza fumo”. Sono proprio questi ultimi al centro dell’attenzione delle aziende produttrici, per due sostanziali motivi. 

Il primo è fittizio: Big Tobacco si farebbe scrupoli nel vendere sostanze che alla lunga provocano cancro e malattie cardiovascolari. Si tratta di una strategia di comunicazione, più che di contenuto. Perché se veramente ci fosse la buona intenzione a “ridurre il danno” con nuovi prodotti, questi dovrebbero contenere sempre meno nicotina fino a eliminarla del tutto, come chiede l’OMS. 

E se fosse vero, la strategia sarebbe applicata a tappeto in ogni regione del mondo.  

La verità è che l’azione dei medici e dei sanitari in generale ha abbattuto la vendita delle sigarette. Le persone sono più informate e il fatturato è calato. 

Il secondo motivo è reale e del tutto economico: Se le multinazionali perdono terreno sulle sigarette devono riconquistarlo da un’altra parte. E il “trucco” consiste nell’immissione in commercio di nuovi prodottii. Commercializzati come meno dannosi perché privi di combustione (es. sigarette elettroniche o Iqos, il cosiddetto “fumo freddo”). 

Iqos, mezze verità 

In realtà, se si confrontano le emissioni di sostanze tossiche da fumo e da Iqos – per fare un esempio – è evidente la differenza quantitativa, molto più bassa nei nuovi prodotti. Basti pensare al monossido di carbonio, il gas che si produce in ogni processo di combustione, e che è responsabile di molte delle malattie indotte dal fumo. Ma “minore” emissione non vuol dire necessariamente “minore danno”.

Questa correlazione è lungi dall’essere dimostrata. Analisi indipendenti dalla Philipp Morris suggeriscono che Iqos può essere dannoso come il fumo. E che il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari gravi o bronchite cronica ostruttiva (Bpco) non è sistematicamente ridotto nei fumatori che passano al fumo senza combustione

In più, altri ricercatori hanno mostrato che Iqos può danneggiare il fegato, diversamente dalle sigarette tradizionali. L’Fda americana, infatti, ha certificato che tali prodotti sono, sì, a minor emissione di sostanze nocive, ma non necessariamente ciò si traduce in “minor rischio”. Come invece molti consumatori sono indotti a pensare.
Così hanno chiesto ai produttori di scrivere tale avvertenza:  

non è stato dimostrato che il passaggio al sistema Iqos riduca il rischio di sviluppare malattie correlate al tabacco, rispetto a chi continua a fumare sigarette

Sigarette elettroniche e Juul 

Le sigarette elettroniche, dall’altra parte, nel breve termine paiono causare un danno minore rispetto al tabacco fumato. Sul lungo termine, ne sappiamo ancora poco. Ma lo sdoganamento in quanto prodotto poco rischioso è falso e può essere molto pericoloso, non solo per i fumatori, ma soprattutto per i giovani.

La percentuale di ragazzi che si avvicina al mercato della nicotina attraverso le sigarette elettroniche è in continuo aumento. Mentre sono pochi gli adulti che smettono grazie a questi dispositivi. Diciamo che quasi tutti (più del 70%) diventano consumatori “duali”, usano cioè sia sigarette tradizionali sia prodotti da svapo. 

Sul mercato, poi, c’è la corsa alle e-cig più potenti, quelle che mimano più da vicino le sigarette. Tra queste Juul, ormai una realtà affermata. Dalla forma innocua di un pen drive, ma capace di far salire rapidamente la nicotina nel sangue di chi la usa, fino a livelli paragonabili al fumo tradizionale.

Negli Usa hanno dovuto vietarle a scuola, visto che si mimetizzavano facilmente con innocui dispositivi di storage elettronico. Un oggetto molto pericoloso, capace di dare dipendenza in tempi rapidi. Una volta iniziato con la sigaretta elettronica è abbastanza naturale che prima o poi i ragazzi vogliano provare anche “il fumo vero”. 

Alcuni studi sembrano mostrare che le e-cig possono essere utili, all’interno di un contesto terapeutico e se prescritte da un esperto, ad aiutare le persone a smettere di fumare. Questo è possibile e, in alcuni soggetti, può costituire l’ultima risorsa disponibile, ma è ben altro che la libera commercializzazione come prodotto voluttuario.  

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Per approfondire leggi anche Diabete e fumo: coppia letale e Dottore, mi prescrive uno sport?

La libertà non ha alternative 

L’obiettivo dovrebbe essere in realtà l’affrancamento della dipendenza da nicotina, indipendentemente dal veicolo che si usa. Allo stato attuale i produttori non sono interessati. Anche perché qualsiasi prodotto che contenga questa sostanza assicura loro un legame con i consumatori che difficilmente si può recidere.

Ma un’informazione corretta può fare molto, come molto ha fatto la ricerca scientifica a partire dagli anni ’50 contro il fumo di tabacco. Un cervello che non ha bisogno di protesi, questo può essere il risultato a cui mirare. Una mente libera (partendo dalla costruzione del pensiero critico) e un corpo sano.  

Con l’impegno di tutti può essere veramente la fine del gioco, il Tobacco Endgame, che da alcuni anni ormai vogliamo raggiungere.

Quando la politica non ascolta la scienza 

Nel corso degli ultimi decenni la percentuale di fumatori nel mondo è cambiata. Nei paesi occidentali sono stati presi provvedimenti restrittivi rispetto alla pubblicità e alla vendita delle sigarette.  

La comunità scientifica si è schierata “senza se e senza ma” contro l’uso di tabacco e il mondo della ricerca sta molto attento ai conflitti di interesse. L’Oms è stata sempre molto chiara nel dire che chi riceve finanziamenti a qualsiasi titolo dalle multinazionali del tabacco non può ricoprire cariche nelle istituzioni sanitarie.

Un gran numero di Stati (168, tra cui l’Italia) ha firmato il Fctc (Framework Convention on Tobacco Control), un accordo per controllare e contrastare l’uso del tabacco. Ma le decisioni politiche sono talora in contrasto con i suggerimenti degli esperti.  

In Italia, per esempio, sono rimasti inascoltati gli avvertimenti sia dell’Istituto superiore di sanità che del Ministero della salute rispetto ai prodotti a base di nicotina. A novembre 2021 l’Istituto superiore di sanità, attraverso il Centro nazionale delle sostanze chimiche, aveva analizzato un nuovo prodotto, le bustine “Velo”, che contengono nicotina e che va messo in bocca.

Era stato dichiarato che era un prodotto non sicuro e associato a un rischio accertato, perciò non doveva essere messo in commercio. Gli stessi motivi per cui il Ministero aveva vietato il commercio delle bustine Zyn della ditta Swedish Match.  

Niente da fare. Col decreto milleproroghe non c’è stato verso di far salire le accise sui liquidi delle sigarette elettroniche a base di nicotina (molto basse in Italia) e soprattutto si è spalancata la porta alle famose bustine di nicotina prodotte da British American Tobacco, che verranno prodotte a Trieste (fonte: Il Piccolo, 20 febbraio 2022). “Con questa decisione”, scrive il sito Tobacco Endgame, “viene ampliata in Italia l’offerta di prodotti tossici che provocano dipendenza”. 

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