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Ripensare il riscaldamento degli edifici

Elettrification is better

Dell’Agenda ONU 2030, noi di Vita & Salute WEB ci occupiamo da tempo. Molti dei nostri contenuti sono aderenti a quella linea tracciata con decisione.

Ma, sì perché c’è sempre una ma… una serie di variabili, serie, che complicano quella famosa transizione verso la quale dovremmo dirigerci con decisione, se non vogliamo pagarne per intero le disastrose conseguenze climatiche.

Ma, dicevamo:

  • la guerra inaspettata,
  • il costo del gas,
  • i cambiamenti di prospettiva e di stabilità messi in gioco dalle regole democratiche,
  • le tensioni geopolitiche,
  • il ritorno della Storia…

sono le variabili che separano la ragionevolezza dalla contingenza del ‘si salvi chi può’.

Decarbonizzazione – elettrificazione

Legambiente e Kyoto Club hanno presentato uno studio che indica gli interventi di riqualificazione sul patrimonio edilizio per abbattere in tempi rapidi la dipendenza dai combustibili fossili. Secondo le indicazioni di queste due Istituzioni la decarbonizzazione del riscaldamento degli edifici deve passare attraverso l’elettrificazione, le pompe di calore e le rinnovabili.

Ma è davvero possibile?

Lo chiediamo a Sergio Matalucci, giornalista che si occupa di energia e clima.

Sergio è davvero possibile seguire la linea della decarbonizzazione? Con l’aumento del prezzo del gas siamo costretti a riaprire alla produzione di energia con il carbone…

«In campo energetico è sempre necessario operare un distinguo tra necessità di brevissimo periodo e obiettivi di medio e lungo periodo.

Tralasciando errori fatti da un governo dopo l’altro (in Italia non abbiamo supportato le rinnovabili, non rilevando una priorità geopolitica), ora siamo di fronte a una situazione in cui non sappiamo cosa succederà tra tre settimane sui mercati gas, elettricità, ma anche petrolio. Il carbone è una risorsa relativamente semplice da reperire che, nonostante aumenti di prezzi, è facile da immagazzinare e da utilizzare con infrastrutture già esistenti.

È auspicabile produrre elettricità da carbone? No.

È necessario ora? Direi di sì.

Più che altro per assicurare i mercati che l’Europa non dipende solo dal gas. Che ha un mix energetico che può gestire con flessibilità. Poi chiaro, il futuro non è il carbone. Il futuro non è neanche il gas. Il futuro è rappresentato da energie rinnovabili sul territorio italiano, con strumenti per immagazzinare l’energia per momenti in cui le rinnovabili non sono sufficienti per mancanza di sole o di vento. Questo è ancora più importante viste le difficoltà dell’idroelettrico in Italia e in generale nel Mediterraneo».

Cosa pensi, non solo nell’ideale ma nella difficile pratica delle variabili, di questa proposta formulata da Legambiente? “Dal gas alle rinnovabili. Scenari e benefici economici dalla decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici”:

«Vorrei partire sottolineando come le case italiane, in molti casi, siano eccessivamente calde durante i mesi invernali. Non ha proprio senso. Da febbraio 2022 non uso il riscaldamento e, a parte la biancheria che richiede più tempo, non riscontro troppi problemi.

Anzi. Ci sono studi scientifici che sottolineano come abbassare di un paio di gradi la temperatura degli appartamenti porti anche alla perdita di peso. Questo anche perché la popolazione dovrebbe capire che, pur non essendo il principale motivo di questa crisi energetica, dovrebbe dare un proprio contributo.

Ora. Per quanto riguarda la proposta di Legambiente, non ho avuto modo di leggere tutto il documento, ma i punti sottolineati sono chiari: aumentare l’efficienza energetica degli edifici, eliminare sussidi al consumo di gas negli edifici e accelerata il phase-out degli impianti a gas negli edifici nuovi. Mi sembrano tutte considerazioni legittime. Da un punto di vista razionale. L’irrazionalità però è il problema.

Evitando considerazioni politiche, c’è da anche rilevare come la popolazione sia totalmente irrazionale. I miei genitori vivono ora in campagna, accanto a mia zia. Scrivendo d’energia ho parlato del 110% mesi prima che venisse passato. La risposta? Baggianate. Non volevano stare in case in via di ristrutturazione che sembravano quelle del post-dopoguerra.

Cosa si può aggiungere? Nulla. La difficoltà è nel gestire comportamenti irrazionali (se non stupidi), come anche di sanare interventi non conformi alle regole. Ritornando alle proposte di Legambiente/Kyoto Club su come accelerare la decarbonizzazione del riscaldamento degli edifici, non posso altro che dire bravi.

Chiaramente c’è della consapevolezza che, in molti altri settori, tra altri gruppi della nostra società, manca totalmente. Oltre un anno fa ho proposto a diversi giornali come diminuire i consumi energetici, sottolineando il ruolo delle pompe di calore. Nessun giornale mi ha neanche risposto, anche giornali che si dicono “verdi”.

La verità è che la maggior parte dei giornali (e giornalisti) italiani di energia ne capisce veramente poco. Quindi poi anche la società italiana ne capisce poco. Quindi la società poi non chiede alla politica interventi importanti. E magari non è neanche pronta ad accogliere proposte razionali di esperti».

Al centro della proposta c’è uno studio di Elemens incentrato sull’analisi degli effetti che sarebbero provocati da una svolta nelle modalità del consumo energetico negli immobili del nostro Paese. Nel breve (al 2025) e medio periodo (al 2030) se si intervenisse sul patrimonio edilizio, a partire dalle case più energivore (Classe G), sostituendo i sistemi di riscaldamento domestico a gas con le pompe di calore, la svolta sarebbe possibile.

Che ne pensi?

«Assolutamente possibile. Rimane la resistenza della popolazione e magari di enti locali. Prima dobbiamo capire d’energia. Poi accetteremo interventi che porteranno dei minuscoli contrattempi e difficoltà. La società italiana, con il suo peso di anziani, è inevitabilmente conservatrice. Anche nei confronti di interventi minuscoli come l’introduzione delle pompe di calore»

La maggior parte delle caldaie domestiche sono a gas e se le si elettrificasse? Ma l’energia elettrica da qualche ‘combustibile’ deve derivare, no? È davvero possibile contare sulle rinnovabili? Per che percentuale? E quale la percentuale attualmente prodotta?

«Ci sono centinaia di studi che dimostrano come il sistema energetico possa contare solo sulle rinnovabili. Il problema ora, a parte la consapevolezza delle persone e delle istituzioni, è legato al reperimento dei pannelli fotovoltaici, degli inverter, dei tracker. Insomma di molti componenti per un’installazione solare.

Mancano sul mercato anche visto l’aumento della domanda cinese. La Cina produce la maggior parte dei pannelli e adesso li usa localmente. L’industria solare europea (tedesca, italiana e francese) è praticamente scomparsa vista la concorrenza cinese.

Ora la sfida è sullo stoccaggio – batterie e idrogeno. L’Europa si deve giocare le proprie carte, capendo l’importanza strategica. Ci sono aziende, anche italiane, che stanno facendo un lavoro pazzesco. Penso soprattutto a Enel. Dovrebbero avere più peso in Italia. Hanno una voce nel mondo, ma non vengono ascoltati abbastanza in Italia.

Quindi le rinnovabili al 100%? Una possibilità sicuramente, che dipende però dalla collaborazione con le istituzioni (nazionali e soprattutto regionali) e dalla non opposizione di gruppi con interessi contrari. Dato che questo ultimo scenario non sembra probabile, mi aspetto che la percentuale sarà significativamente sotto al 100% almeno per un paio di decenni. Volendo questo non è un male: è il tempo necessario per creare un’industria rinnovabile solida che parta dalle critical raw material e arrivi al pannello o alla pala eolica».

Un dato non lo avevo mai colto: il gas è anche pericoloso. Nel solo 2019 si sono verificati 270 incidenti che hanno provocato 35 vittime. Allora è vero che: elettrification is better.

«Tutto è pericoloso. L’utilizzo è pericoloso. Il petrolio è pericoloso per l’ambiente. Il gas è pericoloso. L’idrogeno è pericoloso. L’unica energia non pericolosa è quella non usata. Quindi ritorniamo alle proposte di Legambiente: risparmiamo energia quando possiamo. Questo è il contributo positivo che possiamo e dobbiamo dare. Poi chiaro.

L’elettrificazione toglie una serie di problemi, ma è anche legata a problemi meno seri, ma pur sempre potenzialmente tangibili: vista la relazione tra elettrificazione e digitalizzazione, quale la possibilità di attacchi hacker? Quali i livelli di sicurezza a livello locale? Non sono un esperto nel settore. Ma il problema è anche che non riesco a trovarne uno con cui parlare.

Mancano competenze. Quindi i rischi rimangono. Rischi diversi, molto probabilmente meno significativi, ma pur sempre con conseguenze concrete, conseguenze poi strumentalizzabili da coloro che hanno interessi opposti all’elettrificazione e, ancora di più, da coloro che hanno come obiettivo l’insicurezza energetica italiana».

Se ti è piaciuto l’articolo leggi anche Riabitare la casa e il Pianeta.

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