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Caviro Extra. Sostenibilità made in Romagna  

Sostenibilità è un sostantivo usato e anche abusato, ma nel caso di Caviro Extra sostenibilità assume un significato più che azzeccato, serio. 

Non ci si crede? Basta chiederlo alle cicogne, è facile e immediato.  Alle cicogne? Sì perché loro c’hanno messo e ci mettono il becco. Sembra una presa in giro, ma, l’assicuro in quanto testimone oculare, non lo è affatto. 

Al di là della recinzione dello stabilimento di Faenza, a qualche metro, dietro alla rete metallica traforata, c’è un’oasi naturalistica nella quale nidificano le cicogne bianche.

Lo zoologo Stefano Tommassini ne ha scritto la sua tesi di laurea e conclude la sua presentazione con questa frase lapidaria: 

«Non credo possa esserci migliore garante e indice di certificazione ambientale, nessun segnale più chiaro di sostenibilità ecologica». 

Qualche domanda al Direttore Generale di Caviro Extra, Fabio Baldazzi, è quantomeno doverosa. 

Direttore a spremere l’uva ‘sono buoni tutti’ (chi più, chi meno) e si fa da oltre 10 mila anni, ma con gli scarti si può davvero migliorare il mondo? 

«Ci sono ideali che guidano il nostro Gruppo Caviro: tutte le attività che svolgiamo e tutte le scelte che prendiamo sono improntate alla tutela dell’ambiente, alla crescita del territorio e alla sostenibilità per, appunto, migliorare il mondo.  

Sono questi i valori che difendiamo e diffondiamo dentro e fuori il Gruppo.  

E questo, non solo nell’ultimo periodo, in cui la sostenibilità è diventata un tema particolarmente rilevante, ma da sempre: fin dalla sua nascita, in senso metaforico fin dalle radici, Caviro raccoglie dal vigneto la materia prima ma il processo di valorizzazione non si ferma alla spremitura, non può fermarsi lì.  

Noi vogliamo recuperare tutte quelle parti considerate comunemente “scarti” e valorizzarli creando un vero e proprio circolo virtuoso che restituisce alla terra il nutrimento sotto forma di fertilizzante».  

Ci potrebbe descrivere nel dettaglio la vostra interpretazione di Economia Circolare? 

«Lo slogan attuale del Gruppo: “Qui, dove tutto torna”, riassume il modello di economia circolare creato in più di cinquant’anni di attività.  

Perché Caviro, fin dalla sua nascita, si è impegnata nella salvaguardia dell’ambiente e nella rigenerazione di quelli che sono stati sempre considerati scarti della filiera agroalimentare e che invece vengono recuperati, lavorati e trasformati in risorse, dando vita a nuove materie prime e nuove fonti di energia rinnovabile.  

Tale rigenerazione avviene negli stabilimenti faentini di Caviro Extra ed Enomondo: a partire dai sottoprodotti (fecce, vinacce, reflui, potature, ecc.) nascono fonti di energia rinnovabili e prodotti nobili come:  

  • alcol,  
  • biometano,  
  • bioetanolo,  
  • acido tartarico,  
  • enocianina 
  • fertilizzanti naturali.  

In questo senso il cerchio si chiude, perché si parte dalla terra, con la vendemmia, e si torna alla terra con la produzione di fertilizzanti naturali che nascono dalla rigenerazione degli scarti produttivi.  

Si realizza, quindi, una circolarità completa che permette di reiterare questi processi, trasformando gli scarti, che andrebbero persi o, peggio ancora, danneggerebbero l’ambiente, in materie prime che sono immesse nel ciclo produttivo, a beneficio dell’ambiente stesso». 

  • Co-leader mondiale nell’acido tartarico naturale; 
  • Produttore di mct e mcr, succhi d’uva, vinaccioli ed enocianina; 
  • Depurazione dei reflui agroalimentari e nella produzione di biometano e fertilizzanti naturali. 

Anche biometano?  Come funziona? 

«Già negli anni ’80 lo stabilimento faentino di Caviro, attraverso un processo di digestione anaerobica, produceva un biogas, composto da metano e anidride carbonica. Nel 2019 Extra ha inaugurato un impianto che consente di separare questi due elementi ottenendo un biometano pressoché puro e che oggi viene immesso nella rete nazionale SNAM, certificato come fonte di energia sostenibile.  

Si tratta, infatti, di un combustibile di origine organica, che sostituisce quello di origine fossile. 

Il prodotto di partenza sono gli scarti della filiera agroalimentare che contengono sostanza organica. Durante il processo di digestione anaerobica, in assenza di ossigeno, i reflui sono immessi in grandi serbatoi dotati di miscelatori dove agiscono batteri che trasformano la sostanza in biogas, un fluido contenente metano per oltre il 70%.  

A questo punto, grazie a un impianto di filtrazione a membrane, si separano l’anidride carbonica e altri componenti indesiderati e si ottiene il biometano

I vantaggi del biometano 

  • Fonte rinnovabile programmabile 
  • Riduzione della dipendenza dalle importazioni 
  • Sviluppo dell’economia locale 
  • Sostenibilità ambientale 
  • Esempio perfetto di economia circolare 
  • Riduzione delle emissioni e dell’effetto serra 
  • Massima flessibilità 

Fino ad ora è sempre stato prodotto e trasportato in forma gassosa, ma in questo momento è in fase di avvio un nuovo impianto che consentirà di trasformare il biometano allo stato liquido al fine di produrre un carburante in grado di alimentare i mezzi pesanti. 

L’anidride carbonica, altro componente del biogas, invece di essere rilasciata in atmosfera, viene recuperata e refrigerata attraverso un apposito impianto, raggiungendo elevati standard qualitativi che ne permettono l’utilizzo in ambito alimentare».  

Acido tartarico 

“L’acido tartarico è un acido organico diprotico cristallino bianco. È presente naturalmente in molte piante, specialmente nell’uva e nel tamarindo (oltre che in altri frutti). Uno dei suoi sali, il bitartato di potassio, noto comunemente come cremor tartaro, si sviluppa naturalmente nel processo di vinificazione.  

Il bitartrato di potassio viene miscelato al bicarbonato di sodio e usato come agente lievitante.  L’acido tal quale viene aggiunto agli alimenti come antiossidante o per conferire un sapore aspro” (Fonte Wikipedia). 

Siete uno dei principali produttori mondiali di acido tartarico naturale…  Cos’è e a cosa serve l’acido tartarico? 

«L’Italia è primo produttore al mondo di acido tartarico naturale e, all’interno del mercato italiano, Caviro Extra è uno dei principali player. 

L’acido tartarico è un acido organico presente in grandi quantità nell’uva, dalla quale si può estrarre. Viene utilizzato, tra le altre cose, come additivo per correggere l’acidità delle bevande e prodotti alimentari. 

L’acido tartarico naturale prodotto da Caviro Extra è un ulteriore esempio di prodotto nobile ricavato dagli scarti della filiera, perché viene estratto interamente dai sottoprodotti della lavorazione dell’uva (fecce e vinacce). Più nel dettaglio, negli stabilimenti di Faenza viene estratto il tartrato di calcio, la cui lavorazione prosegue nello stabilimento di Treviso, da dove esce, in forma cristallina, come acido tartarico 100% biobased. 

Nel settore alimentare non viene utilizzato solo come correttivo, ma anche come: 

  • acidificante,  
  • conservante naturale,  
  • emulsionante per la panificazione  
  • ingrediente per lieviti,  
  • biscotti,  
  • caramelle,  
  • gelatine,  
  • marmellate,  
  • bevande gassate   
  • baby food.  

Ma l’impiego alimentare è solo una delle tante possibilità. Nel settore farmaceutico può essere usato come eccipiente e coadiuvante di principi attivi oppure in sciroppi, capsule, polveri effervescenti e altri prodotti più specifici. 

Nell’industria chimica, invece, viene usato per la produzione di cosmetici, creme, polveri, tensioattivi, elettronica, stamperia, eccetera.  

Infine, nel settore edile l’acido tartarico viene utilizzato per la produzione di gessi e cementi per gli intonaci».  Il cerchio si chiude sempre, chiediamolo alle cicogne! 

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