Di recente il Wwf ha pubblicato un documento: il Living planet report. Un documento biennale che determina la salute della biodiversità globale e analizza, in particolare, i trend di declino di decine di migliaia di popolazioni di vertebrati (mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi) in tutto il mondo.
Da questo rapporto è possibile estrapolare i numeri. Ma sui numeri qualche difficoltà sussiste e persiste, soprattutto per noi in Italia.
Il Rapporto Eurydice ci rivela che dalle indagini internazionali emerge la percentuale di alunni italiani che non raggiunge i livelli di base nelle discipline matematiche e scientifiche rimane molto al di sopra il massimo stabilito a livello europeo del 15% (in Italia la percentuale fra i quindicenni è del 23,8% in matematica e del 29,5% in scienze).
Noi di VeS WEB abbiamo voluto sentire sul tema specifico e in generale il giornalista Rudi Bressa che scrive di ambiente e scienza e collabora con varie testate nazionali e internazionali occupandosi di cambiamenti climatici, transizione energetica, economia circolare e conservazione della natura.
Numeri dell’ecosistema
Dottor Bressa in un suo recente pezzo su LIFEGATE presenta il Living planet index, parlando di numeri che ci danno una fotografia… è così sicuro che i numeri siano così comprensibili al suo pubblico, che siano realmente delle immagini parlanti, delle fotografie nitide?
«Numeri e dati non sempre sono ben comprensibili. Non tanto per la capacità del pubblico di leggerli o interpretarli, bensì dal contesto in cui vengono realizzati e impiegati. In questo caso gli stessi autori dell’indice spiegano più volte che questi numeri non mostrano la velocità di estinzione o il numero di specie a rischio.
Si tratta invece di un modo diverso di rappresentare una situazione più o meno complessa. Certamente dati, grafici e numeri se non adeguatamente inseriti, spiegati magari con metafore comprensibili ai più, risultano di difficile comprensione. C’è anche da sottolineare che i lettori di oggi hanno un’ottima preparazione e capacità di comprensione.
Certamente si rischia di lasciare indietro una grossa fetta di potenziali lettori: forse in questo caso si dovrebbe lavorare di più sulla grafica, in modo tale da semplificare certi concetti. Il rischio nascosto è che un’eccessiva semplificazione faccia perdere il significato di temi complessi come la perdita di biodiversità o la crisi climatica.
Per la prima credo sia quanto mai necessario che la nostra società, economia e benessere siano strettamente collegati alla diversità biologica, che ci ha fornito negli anni l’aspirina, le cure per il cancro, il caffè, il colore rosso e molto molto altro. Anche la perdita di una sola specie ha un riverbero gigantesco in tutta la biosfera.
Biodiversità
Comunque sia, al di là dei numeri del Living planet index, riuscirebbe a descrivere la situazione della biodiversità del pianeta ricorrendo a parole fatte di immagini o a immagini fatte di parole? Si rimane senza parole?
Ci sono due facce della stessa medaglia: da un lato ci si rende conto quanto poco conosciamo ancora di luoghi inesplorati, come possono essere le foreste primarie (seppur sempre più sotto pressione) o le profondità oceaniche.
Dall’altro le nostre conoscenze e capacità di analisi sono così migliorate che possiamo misurare la perdita di biodiversità quasi in tempo reale. È come stare di fronte ad una finestra e guardare le stagioni cambiare rapidamente, mentre più o meno rapidamente i boschi, gli animali che li frequentavano, le pozze d’acqua scompaiono. Non resta un deserto, sia chiaro, ma un ambiente estremamente omogeneo, poco vario, quasi immobile. E si riducono così le risorse naturali a disposizione anche per Homo sapiens.
D’altro canto, se vogliamo prendere Lpi come esempio, quest’ultimo è solo una tessera di un puzzle da migliaia di pezzi. Mancano ad esempio tutti gli invertebrati, che secondo alcune stime rappresentano il 97 per cento di tutte le specie conosciute sul pianeta, senza contare le decine di centinaia di specie di microrganismi di cui non sappiamo praticamente nulla.
Basti pensare che più dell’80% degli oceani non è mai stato mappato, esplorato o visto dagli esseri umani. Citando la National Geographic Library “una percentuale molto maggiore delle superfici della luna e del pianeta Marte è stata mappata e studiata rispetto al nostro stesso fondo oceanico”».
Situazione devastante
Ciò che mi ha colpito molto, il dato più eclatante (in matematica avevo 7) è il calo della biodiversità in Sud America… il Wwf lo definisce, leggo dal suo articolo su citato: «devastante». Riuscirebbe a farmi riprendere dallo choc?
«Purtroppo, quel dato ci conferma ciò che già sapevamo, ovvero che l’intera area è tra le più esposte alle pressioni antropiche. Da decenni, infatti, subisce un’intensa deforestazione a causa dell’espansione dei terreni agricoli, che causa una grave perdita di habitat spesso unici.
In questo modo si vanno a cancellare anche specie endemiche (ovvero uniche di quel luogo) che si sono specializzate a vivere in quel tipo di ecosistema. Ancora una volta l’overexploitation (uso l’inglese perché è un termine forte, che esprime proprio lo sfruttamento eccessivo) sta mettendo a rischio proprio l’area del pianeta più ricca».
L’aquila maculata, due parole sull’aquila maculata…
«Non conosco adeguatamente la specie per darle un commento, ma sappiamo che ad esempio nel Mediterraneo oltre la metà delle razze sono a rischio estinzione. Globalmente tutte le specie di condroitti sono gravemente minacciate, a causa anche in questo caso dalle minacce che arrivano dalla pesca accidentale».
Lei (e anche noi di VeS WEB) ci rivolgiamo spesso a una bolla, a persone già sensibili… Come si smuove il grosso per fare massa critica capace di fare pressioni democratiche a chi comanda? Lei ha in testa come si potrebbe fare?
«Credo sia necessario un approccio dal basso, ampliando la cultura e la conoscenza su questi temi, così da smuovere qualche coscienza in più. E fare affidamento anche su storie e su un tipo di narrazione locale: spesso parlare di un problema che pare troppo lontano da noi, dal nostro stile di vita o dalla nostra cultura, può essere controproducente. Se invece si riportano esempi più vicini, sia in negativo che in positivo, è più facile parlare alle persone».
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