Monselice da casa mia? Non è distante a un’andatura alterca per il traffico costante. Leggo l’occhiello sul giornale locale con l’occhiale e un palmo sul naso. Un organo in canne e ossa, imponente: 6 metri e 645 canne fumanti, con una musicalità. Una purezza e una potenza del suono veramente stradivari. Donato, in verbo gratuito, da un generoso e forse genero di suo suocero: Gianni Brunello, parrocchiano e monselicense benemerito.
L’organo è strumento de’sensi, il vento gl’è sospinto con pressione diastolica alta in serate e giornate di bassa pressione emotiva.
Si spiega in un composto organico non in un origamico di pioppo da gettare come rifiuto di carta pestata da mille suole indifferenziate. L’organo batte in petto racchiuso da bottoni abbracciati stretti nelle loro asole che riverberano sulle lentiggini oscurate come isole per le serate rosse degli occhi al sole.
Un organo che suona sempre i suoi femori e anche al plurale, per il soldato semplice e in generale. È un abbraccio unisex e in taglia unica che riconosce la grandezza altrui. E’ un salvagente in acqua alta e sa farlo anche quando la statura è più bassa dei 6 metri del buon Brunello invecchiato rosso nelle botti di Monselice.
Perché un dono è grande non per le sue dimensioni, né per le molecole basse e i voli alti dei droni.
Non per la sua medaglia al dolore e tanto meno per il suo colore, il re-gallo va spennato e sciolto come i capelli, ciocca a ciocca, teneramente, come fa la chioccia con i suoi pulcinella vestiti di bianco e piumati di giallo. Oggi tocca a me, tocca a me decidere indentro. Sono nato con un organo nel petto, emesso e promesso al mondo da un AIDO di petto. Per quanto stonato mi sono or ora ricordato che rimango puro e per sempre, solo se resto Donato finalmente.