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Mina Welby

Morire nell’amore quando è la vita a separarci

Ho sentito morire me stessa accanto a mio marito, Piergiorgio Welby. Era il 20 dicembre 2006. Tracheostomizzato per la ventilazione polmonare per colpa mia (non l’avrei dovuto portare in pronto-soccorso).


Da allora abbiamo vissuto insieme nove anni di via crucis. Le tracce di sofferenza di quell’eroe di mio marito le trovo nei suoi scritti, nei suoi disegni. Lui mai un lamento, né con me, né con chi lo venne a trovare. Dopo i primi quattro anni un peggioramento grave gli diede la spinta a chiedere aiuto. Non per guarire, ma per cambiare qualcosa nella presa in carico di sé stesso e di cittadini che come lui erano condannati a una sopravvivenza costrittiva. Ad una macchina senza cuore né anima o, come Eluana Englaro, in stato vegetativo con nutrizione artificiale.

Chiese nel 2002 al Comitato Nazionale di Bioetica di incentivare presso il Parlamento una legge per le Disposizioni Anticipate di Trattamento.

Tale richiesta fu considerata un rifiuto a vivere. Seguirono attestati di compassione: olio su ustioni, allora per Welby, oggi per i tanti che chiedono di essere sollevati da sofferenze al limite del sopportabile.


Le tecniche chirurgiche e farmacologiche oggi salvano tante vite, ma è necessario dare libertà di scelta al cittadino autodeterminato. Informandolo con precisione e lasciando un pertugio per un ripensamento.

Quello che già nel 2002 ci sembrava logico, confrontandoci con il Codice Deontologico Medico, oggi lo impone la legge 219/17. In particolare all’art. 1 che parla del consenso informato, di interesse specifico per le equipe sanitarie curanti a favore dei loro assistiti.


Nelle fatiche quotidiane del vivere con Welby, via internet incrociammo i Radicali di Marco Pannella. Luca Coscioni era presidente di Radicali Italiani. Nel 2002 Luca, affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica, fonda l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.
“Dal corpo del malato al cuore della politica” diventa il motto dell’associazione.


Non è un’associazione assistenziale, ma chi ne fa parte promuove secondo le proprie capacità la libertà di ricerca scientifica. Il rispetto dell’autodeterminazione delle persone fino alla fine della vita, la libertà di cura, la vita indipendente delle persone con disabilità anche gravissime, tra cui molti anziani, e la presa in carico di malati nel corpo e nella mente.


Oggi abbiamo aggiornato il motto per includere tutti: “dal corpo del cittadino, della cittadina al cuore della politica”.
Chi siamo? Semplicemente persone di ogni età che non la pensano tutte allo stesso modo, ma si incontrano e discutono delle problematiche della vita non solo propria, ma della società.


Si cominciò con la legge 40 – “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”.
Anche allora, con il referendum del 2004/05, fummo di scandalo in tutto il nostro paese. Lo perdemmo. Ma i nostri avvocati, silenziosamente, assistendo famiglie affette da patologie trasmissibili, si rivolgevano ai tribunali.


Oggi abbiamo in Italia la possibilità di avere un figlio sano, senza dovere andare all’estero e pagare tanti soldi. Non tutta la legge 40 è ristrutturata per garantire il diritto a diventare genitori. E a tutt’oggi compriamo le linee staminali per la ricerca dall’estero a caro prezzo.
Spesso mi sento dire, perché non adottano un bambino? Purtroppo, spesso è più difficile, insicura e costosa un’adozione rispetto a un percorso medico per avere un figlio.

La legge 194 per la tutela della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza ha investito le coppie di responsabilità e ha garantito più salute e libertà alle donne.
Mi rattrista profondamente il quadro descritto da prelati sull’interruzione di gravidanza, che nessuno può prendere alla leggera, tanto meno una donna. Forse quello che manca è una sana educazione sessuale.

Oggi si sta discutendo sul fine vita.


Il referendum inizialmente non ha suscitato opinioni. Solo la notizia del raggiungimento di 500 mila firme in metà del tempo dovuto ha acceso le TV e diffuso il panico. Da anni nel nostro Paese si parla di fine vita. Associazioni e Comuni hanno organizzato in tutta Italia convegni sul tema, ma non ha fatto notizia.
La discussione in Parlamento, da febbraio 2016 a dicembre 2017, su consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento con la conclusione della legge 219/17, ha dato solo un attimo di brivido e poi il silenzio.

È stata di nuovo l’Associazione Coscioni a spingere perché fornito ai Comuni un regolamento e per la creazione di Banca Dati Nazionale.

Mai una discussione di approfondimento in nessun media radio televisivo. Sono stati cittadini e cittadine a fare rumore e a richiamare al dovere il Parlamento, prima per promulgare la legge, oggi perché presso il proprio Comune sia possibile depositare le loro DAT. Ma ci sono ancora Comuni che non ne sanno niente.

Avevo chiesto anni fa alla direzione della Rai di inserire una volta la settimana, in prima serata, un programma per parlare sui temi delle cure palliative e sul fine vita. Mi è stato risposto che la Rai quasi tutti i giorni, nelle varie trasmissioni di intrattenimento, parla di questi temi. In genere si discute e si racconta di casi venuti alla ribalta, ma senza approfondimenti. Questa non la considero informazione.

Faccio un passo indietro nel tempo e ripenso alle discussioni su Eluana Englaro. Offensive nei confronti del padre Beppino, ma anche nei confronti di coloro che vivevano lo stesso problema.
Penso alla voce silenziata di Fabo, molto conosciuto dai giovani, il quale ha emesso quell’urlo per insegnarci che la vera libertà non muore mai. Per vivere ancora ha voluto poter morire.

Al nostro numero bianco raccogliamo tante storie; non è un divertimento né un diversivo, e trovare la risposta e l’aiuto giusto per ognuno è complicato.

Ci confrontiamo giorno per giorno, se non ora dopo ora, di fronte al dilemma: disponibilità o indisponibilità della vita?


Offrire al richiedente l’aiuto giusto per la scelta adeguata, autodeterminata.
Le persone che ci contattano vengono prima di tutto ascoltate, si cerca di capire e consigliare loro di affidarsi al proprio medico di medicina generale, a uno specialista.
Ma non c’è sempre questo rapporto di fiducia. Indichiamo loro di fare le DAT, ma spesso per questa scelta è già tardi. Per quanto riguarda le Cure Palliative, invece, non è mai troppo tardi.
So per esperienza di medici che non sono informati a tal proposito, secondo loro sarebbero destinate solo ai malati oncologici.

Desideriamo che il Parlamento finalmente discuta la legge per la morte volontaria medicalmente assistita, perché vorremmo tutelare tutti coloro che per disperazione cercano il suicidio, spesso tragicamente fallito, ma che lascia conseguenze tragiche. Preferiamo forse che le persone vadano a comprarsi la morte a caro prezzo?

Credo che una scelta di questo tipo, una persona la faccia solo in condizioni davvero altro sbocco.

Il referendum al quale saremo chiamati, non ha nulla a che fare con la proposta di legge ancora in commissione Giustizia e Affari sociali. La Corte costituzionale ha fornito al Parlamento i parametri per promulgarla correttamente.


Mi domando: esistono comitati etici di Aziende Sanitarie in Italia che hanno già discusso sul tema? Gli Ordini dei medici sono pronti per affrontarlo?
Vorrei accennare al tema delle RSA: alcune ospitano molte persone anziane, non più autosufficienti, ma non c’è chi passa del tempo con loro. Sono abbandonate lì, con le cure strettamente necessarie, la colazione, il pranzo la cena e buona notte.

Vi piacerebbe una vita simile? Quando più nessuno ti parla con rispetto, ti ritiri in te stesso, un’operatrice o un operatore vedranno solo la tua ombra. Certo, il personale è scarso, i minuti contati. Ma le cose si possono fare con sorriso e con rispetto. Le persone non sono numeri o cose e ognuno merita dignità.

Ecco, è solo un piccolo esempio raccolto ascoltando dei racconti che parlano di come siano trattate persone vecchie e inabili. Sono storie che fanno piangere.
Una volta c’erano i volontari e le volontarie che s’intrattenevano con gli ospiti. Ora bisogna inventare qualcosa di nuovo per dare dignità a persone abbandonate a sé stesse.


Chi mi legge ci pensi! Siamo tutti responsabili gli uni verso gli altri. Insegniamolo ai bambini con il nostro esempio. Vogliamo tutti un mondo nuovo, bello, pulito, sano, inclusivo? Comincio da me.

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