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CasAurora – Storie di accoglienza 

Percorsi di vita e di cura

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Buondì, sono Claudio e frequento CasAurora, a Firenze. Lo faccio da alcuni anni e non sono di Firenze, né tantomeno toscano.

CasAurora? Scusa, davo per scontato…Do un sacco di cose per scontate ma alla cassa le pago a prezzo pieno, eccome se le pago.

La vita è cara. La mia CasAurora è una cosiddetta “casa per ferie” ma non ci si va proprio per fare le vacanze, almeno nel mio caso. Io ci vado per un tumore in faccia.

E ci vado sai perché? Perché oltre alla struttura color pastello in cemento armato, lì trovo accoglienza, ospitalità umana, competenza e compostezza cristiana, ordine e silenzio… sì, perché io di silenzio e pace ne ho bisogno.

Ho l’impressione di sentirmi come protetto, la sento così. Dopo due anni, ero convinto di avergliela fatta e di avercela fatta, almeno quasi. La massa si era rimpicciolita di molto. Lo specchio non mi faceva più tanto spavento, come prima.

Poi è arrivato il Covid-19, maledetto. Le emergenze spostano le priorità.Ognuno crede che il suo male sia il Male e invece ne è solo una infinitesima parte ed è giusto così, io rimango in coda a testa bassa, è dura da accettare ma è dura per tutti.

«Il suo intervento, Claudio, è stato rimandato a data da destinarsi».

Vale la pena imprecare? Lo faccio per un po’ e dopo ingoio un ‘ok’ annodato.

«E le terapie chemio?», provo a rilanciare. «A data da destinarsi».

È inutile cerchiarla sul calendario la data da destinarsi. È il destino!

Ma io non credo al destino, lo odio il destino. E se ci fosse un accanimento nei miei confronti? E se qualcuno dal cielo volesse… Ma no! Eppure, ci si pensa tutti, ne sono sicuro, credo sia addirittura umano.

I pensieri più assurdi vengono alla mente quando si resta in coda e ci si guarda davanti e anche indietro che la fila è interminabile.

«Chi è l’ultimo?». E poi, oltre alla fila per accedere alle cure da destinarsi, c’è il lockdown. Pure quello per non farsi mancare niente. La solitudine, il silenzio imposto e non ricercato. La TV accesa h 24 per la video-compagnia che diventa video-compagna.

Il senso di impotenza è il padrone di casa, non puoi fare nulla, non si può fare nulla, nessuno può farci nulla.

C’è l’emergenza, arrangiati e pensa a chi sta peggio, canta! Ma io non so cantare e la faccia mi fa male, di nuovo. E la mia faccia allo specchio non si può guardare, di nuovo.

La riflessione, in tutti i sensi, mi sfianca.

«Rimanga in attesa», è la voce meccanica e insistente della segreteria telefonica accompagnata da quella musichetta sgangherata. Si fa tutto per telefono oggi giorno, è asettico e senza mascherina. È una voce registrata quella, senza volto, vuole sembrare calda ma si avverte tutti quanto sia fredda, finta.

L’attesa è finita dopo un trillo, ne è bastato uno solo. Una voce, vera e quasi sorridente, mi avverte che l’attività ospedaliera ha ripreso il suo corso portando a valle ogni ingorgo, come un torrente in piena.

Sono tornato a CasAurora, da qualche ora e ho ritrovato gente vera, voci in carne e ossa e denti bianchi di sorrisi sinceri, persone non scontate che, come me, provano a metterci la faccia, persone che ti aiutano a riflettere.

In stanza, nella mia stanza ho trovato questa frase: «Troppo spesso si sottovaluta la potenza di un tocco, un sorriso, una parola gentile, un orecchio in ascolto, un complimento sincero, o il più piccolo atto di cura, che hanno il potenziale per trasformare una vita», è firmata Leo Buscaglia, gliela rubo che non è per nulla scontata e mi è davvero cara.

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