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Se la depressione è donna

Bisogna prevenire la depressione post partum. Ma c’è anche la depressione in gravidanza, molto diffusa e di cui si parla meno

La depressione colpisce nel mondo oltre 350 milioni di persone, ed è considerata dall’Oms una delle principali cause di disabilità, con costi sociali ed economici elevatissimi.

Da sempre più vulnerabile ai disturbi dell’umore, l’universo femminile ha subito particolarmente il periodo pandemico. Ci sono vari fattori che agiscono. Decisivo è capirli per tempo e intervenire con le terapie migliori.

Depressione e pandemia

Il lockdown ha aggravato il problema, particolarmente tra le persone in condizione socioeconomica disagiata. E soprattutto tra le donne, da sempre più vulnerabili ai disturbi dell’umore. Nel corso della vita quasi il 15% delle donne rischia di fare i conti con un episodio depressivo, contro poco più del 7% degli uomini.

Essere donne e sotto i cinquanta anni ha rappresentato un fattore di rischio durante la pandemia. Per vari motivi”, spiega Emi Bondi, direttore Dipartimento Salute mentale e dipendenze dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Basti pensare allo stress legato alla paura della malattia per sé e per i propri cari. Ai lutti non elaborati, alle difficoltà legate alla necessità di gestire i figli in Dad. Spesso continuando a lavorare senza poter contare sugli aiuti consueti. E a volte dovendosi occupare degli anziani della famiglia, alle preoccupazioni economiche.

Le donne sono impiegate soprattutto nei settori più colpiti dalla crisi, come quello dei servizi e domestico. Spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità. Oltre il 70% dei posti di lavoro persi nel 2020 era occupato da donne. Chi poteva lavorare in smart working, poi, ha dovuto fare i conti con le difficoltà di gestire la famiglia. Un peso che è ricaduto soprattutto su di esse.

“E molte hanno continuato a lavorare in presenza, nel commercio o nei servizi, con i rischi e le preoccupazioni che questo comporta”, prosegue Bondi. “Senza dimenticare il ruolo determinante negli ospedali”. Molte sono medico, ma soprattutto l’80% delle infermiere e delle Oss sono donne.

E spesso hanno scelto di trasferirsi in alloggi provvisori per non portare a casa l’infezione. Senza contare l’ansia, il senso di impotenza di fronte alla malattia – uno dei meccanismi che generano burn out – e la necessità di comunicare notizie drammatiche.

Nella prima ondata abbiamo retto anche grazie alla solidarietà della gente. Ma durante quelle successive l’idea di ripartire, anche se con più strumenti, è costata uno sforzo enorme. Abbiamo visto un aumento dei casi di depressione ma anche di disturbo da stress post traumatico.
Nel nostro ospedale abbiamo organizzato dei gruppi a fine turno, per aiutare le persone a vivere il carico emotivo generato dalla situazione”.

Ormoni e altro ancora

In realtà, non sappiamo esattamente perché la depressione sia più riconosciuta tra le donne. Gli ormoni giocano un ruolo importante, ma c’è anche altro. “Esistono meccanismi biologici che rendono le donne più vulnerabili. Ma ci sono anche motivazioni culturali”, spiega lo psichiatra Carmine Pariante, docente al King’s College di Londra.

È noto che le donne tendono a esprimere il loro disagio con la tristezza. Mentre gli uomini sono meno inclini a confidarsi. Semmai esprimono la sofferenza con irritabilità e aggressività, o con comportamenti distruttivi come il consumo di alcol.

Le donne sono più portate degli uomini a comportamenti autolesionistici, o tentativi di suicidio che in realtà sono manifestazioni di stress grave e richieste di aiuto. Mentre i suicidi veri e propri sono più frequenti tra i maschi. Anche se oggi nel mondo occidentale queste differenze stanno diminuendo”.

Il distanziamento imposto dalla pandemia, poi, ci ha resi tutti più soli. Mettendo in crisi quella rete di solidarietà che molte donne hanno saputo costruire e che gioca un ruolo importante nel prevenire la depressione. Noi umani abbiamo bisogno degli altri, e in questi mesi abbiamo perso una valvola di sfogo preziosa. Gli incontri con le amiche, la palestra, il parrucchiere”.

Piccole cose che però assicurano un supporto e aiutano a ritrovare la serenità. Anche nella depressione post partum gioca un ruolo importante la solitudine. La perdita di quel sostegno e di quella trasmissione di conoscenze su cui in passato, pur in situazioni oggettivamente difficili, molte potevano contare. Spesso, la maternità oggi significa affrontare da sole un’esperienza ignota”, ricorda Bondi.

Così come ignote sono le esperienze con cui abbiamo fatto i conti negli ultimi mesi. Abbiamo vissuto un sovraccarico di responsabilità di ansia. E al tempo stesso abbiamo dovuto rinunciare a quei contatti amicali che ci aiutavano a superare le difficoltà. E anche ai momenti di stacco offerti da una separazione più netta tra lavoro e tempo libero che per molti è venuta meno.

Dopo e prima del parto

Intendiamoci, una crisi depressiva non è necessariamente legata a situazioni contingenti. Anche se, molte depressioni sono scatenate da un evento, o una serie di eventi, cui una persona con delle fragilità e che non può contare su un supporto adeguato non è in grado di reagire.

Ci sono forme di predisposizione genetica e dei fattori di tipo organico”, spiega Bondi. Sappiamo per esempio che i disturbi depressivi sono più frequenti in età fertile. Inoltre le donne sono più suscettibili alle malattie infiammatorie. E oggi sappiamo che l’infiammazione gioca un ruolo importante nell’insorgenza della depressione”.

Un dato recentemente confermato da uno studio apparso sull’American Journal of Psychiatry, che ha tra i principali firmatari proprio Carmine Pariante. “Un’indagine su un database molto ampio ci ha permesso di dimostrare come, a parità di altre condizioni, il livello di infiammazione sia più elevato nei soggetti depressi”. Ma a giocare un ruolo importante sono anche i fattori esterni, l’ambiente in cui si vive, specialmente nell’infanzia.

“Sappiamo che lo stress causato da maltrattamenti o trascuratezza nei primi anni di vita è un importante fattore di rischio”, spiega Pariante. “Anche per questo è così importante prevenire la depressione post partum, ma anche quella in gravidanza, molto diffusa e di cui si parla meno”.

Anche per ragioni culturali. Siamo abituati a vedere la gravidanza come un momento gioioso in cui è difficile chiedere aiuto, ammettere di stare affrontando una novità che mette ansia e può essere difficile da gestire.Molte depressioni post partum, anzi, potrebbero essersi sviluppate proprio durante la gravidanza, in cui si arriva a chiedere aiuto solo dopo”, ricorda lo psichiatra.

E intervenire con cure adeguate può aiutare a interrompere una spirale negativa. Visto che i problemi della madre possono influire già durante la gravidanza sullo sviluppo del feto. E poi nella relazione con il bambino, aprendo la porta a problemi nei primi anni di vita e non solo.

Per questo è importante rendersi conto che si può vivere la maternità con sentimenti ambivalenti. “E accettare che durante ogni gravidanza ci saranno momenti di tristezza, di perdita, di nuovo adattamento”. E anche capire quando chiedere aiuto. Quando il momento difficile che può capitare a tutti si sta trasformando in qualcosa di più.

L’importanza di distinguere tra malattia e reazione fisiologica

Riconoscere la depressione come tale è un passo per uscirne”, ricorda Pariante. Senza dimenticare che la depressione è una malattia, da cui non si esce con la sola volontà di guarire. Spesso si pretende che malati reagiscano da soli. Mentre la depressione è la malattia della volontà, la malata vede quello che vorrebbe o dovrebbe fare. Sa bene quello che provava ma non riesce a farlo, e questo è causa di grande sofferenza”.

Che un lutto, una perdita generino un vissuto depressivo è fisiologico e normale. Possiamo dire che c’è un problema se lo stato depressivo si protrae nel tempo, diciamo oltre un anno”, nota Bondi. Ci sono poi segnali da non trascurare. Le alterazioni del sonno o la perdita del desiderio sessuale e in generale la difficoltà di reagire agli stimoli positivi.

“L’incapacità di gioire delle cose che normalmente ci fanno stare bene e ci piacciono. Gli hobby, la musica, le uscite con gli amici, è un campanello di allarme da non sottovalutare”, ricorda Pariante. La reazione fisiologica al dolore lascia comunque spazio a momenti di sollievo, di leggerezza. Un vissuto diverso rispetto alla depressione, che è come una luce che si spegne.

La cura più adeguata

Quando siamo di fronte a una depressione, si pone il problema di scegliere la terapia più adeguata.Molto dipende da quanto la depressione impatta sulla vita del paziente”, ricorda Pariante. Se pur con difficoltà riesce ad andare avanti, si può aspettare, proponendo magari un supporto di tipo psicologico. Quando invece il malessere impedisce di lavorare o compromette le relazioni familiari, serve un intervento che può essere farmacologico, psicoterapeutico o una combinazione dei due.

“Quando si manifesta un primo episodio depressivo, si può valutare come procedere. Si interviene subito invece con pazienti che hanno avuto vari episodi con conseguenze pesanti”, spiega lo psichiatra. Ci sono casi in cui la psicoterapia è sufficiente. Ma ci sono anche persone che non se la sentono di affrontare un percorso di questo tipo. E soggetti più gravi per cui i farmaci sono comunque il primo passo.

Sapendo bene che una terapia antidepressiva non è “per sempre”. “Una volta ottenuta la remissione dei sintomi per un periodo continuativo di sei/nove mesi bisogna valutare la situazione. Confrontandosi con il paziente, per capire quando è il caso di sospendere, sempre gradualmente, i farmaci”, conclude lo psichiatra. “Sapendo che, se necessario, la terapia può essere comunque ripresa”.

Il contributo dello stile di vita – Scelte positive che agiscono sulla mente

La depressione si può combattere o prevenire anche con uno stile di vita corretto: attività fisica, dieta equilibrata e anche alcuni integratori.Ci sono evidenze abbastanza solide sull’efficacia dell’olio di pesce ad alte dosi”, ricorda Pariante. “Ma soprattutto, oggi conosciamo i vantaggi di un’alimentazione ricca di vegetali e cereali integrali e povera di grassi animali e di cibo industriale”.

La nostra Dieta mediterranea, insomma, ha un effetto antinfiammatorio e antidepressivo. Il problema è che una dieta più sana spesso tende a essere anche più costosa”, ricorda Pariante. E questo può mettere in difficoltà le persone con una situazione socioeconomica svantaggiata, che è già in sé un fattore di rischio.

Servirebbe un impegno dei governi a contenere i costi di un’alimentazione sana. Soprattutto offrendola nelle scuole per i bambini con condizioni socioeconomiche difficili”, sottolinea lo psichiatra, citando una delle sue battaglie sociali.

L’importanza dell’attività fisica

“Ci sono dati che ne dimostrano l’effetto antidepressivo, sia preventivo sia curativo”, prosegue lo psichiatra. Fare sport, correre o anche semplicemente passeggiare ha un effetto antinfiammatorio. Senza contare gli altri benefici per l’organismo e la psiche che vengono dal contatto con la natura. Dalle stimolazioni positive, dalla socializzazione che va di pari passo con molte attività”.

Sono i nostri meccanismi di recupero, che non dobbiamo perdere la vista. “Immaginiamo un bilancio energetico che dobbiamo mantenere in pareggio, equilibrando le esperienze stressanti con altre positive. Che possono essere il tempo trascorso con le amiche, una passeggiata o comunque un momento per noi”, spiega Bondi.

E da questo punto di vista un ambiente ricco di affetti è un fattore protettivo importante. Per questo la solitudine può facilitare l’insorgenza della depressione, oltre che favorire l’invecchiamento cerebrale particolarmente per le donne”, conclude la psichiatra. Da qui l’importanza del prendersi cura di sé, “concedersi degli spazi per quella che è una vera e propria manutenzione del nostro cervello”.

La forza di chiedere aiuto

  •  La depressione è una malattia diffusa, non si tratta di “reagire”. Ma di trovare la forza di chiedere aiuto e poter contare su un supporto adeguato.
  •  I disturbi dell’umore sono diffusi. Soprattutto tra le donne e in il lockdown ha aumentato lo stress e rese meno accessibili le cosiddette “valvole di sfogo”.
  • Una fase depressiva può essere una reazione patologica a un lutto o a una situazione difficile. Diventa patologica quando si protrae nel tempo e arriva a compromettere le attività quotidiane, il lavoro o le relazioni familiari.
  • Per le giovani donne ci sono momenti di particolare fragilità, primo fra tutti la gravidanza e il post partum. Tristezza e/o sentimenti ambivalenti nei confronti del “lieto evento” non dovrebbero far sentire a disagio. Ma se sono troppo pesanti è importante chiedere aiuto: una depressione non trattata può danneggiare il nascituro e compromettere i rapporti madre bambino. Con conseguenze a lungo termine per entrambi.
  • Nei casi depressione medio-lieve la terapia più efficace è in genere una combinazione di farmaci e psicoterapia. Mè una scelta personalizzata da fare rivolgendosi a uno specialista, che aiuti a capire quando i farmaci sono necessari e anche quando interromperli.
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