Per gentile concessione della Fondazione Comitans, diamo spazio a questo interessante approfondimento sul latte materno frutto di una intervista alla Dottoressa Anna Villarini, biologa e specialista in Scienze dell’Alimentazione, ricercatrice presso il dipartimento di Medicina preventiva e predittiva all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Molti i benefici per il bambino
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l’allattamento esclusivo al seno per almeno sei mesi e suggerisce di continuare anche durante lo svezzamento, se possibile, fino ai due anni circa. Perché così a lungo?
«Il latte materno favorisce un miglior sviluppo cognitivo e una sana crescita del bambino, sia a breve che a lungo. Con l’allattamento si osserva una riduzione del rischio delle malattie più comuni dell’infanzia, per esempio le infezioni delle basse vie respiratorie e dell’orecchio, oppure la diminuzione di diarrea e asma. Ma i bambini allattati al seno sono protetti anche dall’insorgenza di malattie croniche durante l’età adulta, come l’ipertensione, l’ipercolesterolemia, l’obesità e il diabete di tipo 2».
Fa bene anche alla mamma
Le neomamme che allattano prima dei 35 anni di età ne traggono a loro volta un beneficio.
«Si osserva un rischio ridotto di sviluppare il cancro al seno durante tutto l’arco della vita. Maggiore è il periodo di allattamento, maggiore è la protezione. Saperlo può rafforzare la decisione di allattare anche durante lo svezzamento».
Il meccanismo alla base dell’effetto protettivo dell’allattamento non è del tutto chiaro, ma si osserva una riduzione del rischio di sviluppare tumori. La ghiandola mammaria, in particolare, durante la gravidanza va incontro a trasformazioni che si completano con l’allattamento e rendono le cellule più resistenti a possibili mutazioni.
«Il rischio di tumore sembra diminuire di circa il 4,3% per ogni anno di allattamento. La riduzione o il blocco della produzione degli ormoni ovarici (come gli estrogeni) tipica del periodo di allattamento è un fattore di protezione per il carcinoma mammario e, quasi sicuramente, anche di quello ovarico».
Anche se una donna è portatrice di una mutazione del gene BRCA1, cioè se ha una genetica che aumenta il rischio di sviluppare un tumore al seno nel corso della vita, in seguito all’allattamento si osserva una riduzione del rischio: 45% in meno.
Questa percentuale sale al 59% nelle donne che hanno familiarità con il tumore, ma non presentano la mutazione.
«In più l’allattamento prolungato contribuisce a ridurre il peso acquistato pre-gravidanza e ad allontanare un altro fattore di rischio: quello legato al sovrappeso, all’obesità e soprattutto all’obesità addominale».
Cosa c’è nel latte materno?
Per prima cosa il latte è sempre “pronto all’uso” in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Poi è gratis. «Ma la cosa più importante è che contiene tutte le sostanze indispensabili al primo periodo di vita e che viene assorbito e digerito molto facilmente. L’industria cerca di produrre surrogati di latte materno, ma a oggi non è stato possibile creare un alimento uguale».
Il latte materno è composto principalmente da acqua (87-88%) e da macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi). Il lattosio è uno dei principali carboidrati, ma ce ne sono altri, come gli oligosaccaridi, che sono fondamentali.
«Gli oligosaccaridi non vengono digeriti, ma servono a nutrire il microbiota intestinale e questo contribuisce allo sviluppo del sistema immunitario. Promuovere la crescita di microrganismi sani aiuta a ridurre il rischio di sviluppare patologie cronico-degenerative da adulti».
La componente grassa rappresenta il 50% della nutrizione totale fornita dal latte materno, mentre le proteine del siero di latte, come l’alfa-lattoalbumina, la lattoferrina e le IgA secretorie hanno, tra l’altro, proprietà antibatteriche.
«Queste proteine sono così preziose che alcune vengono utilizzate in terapie contro il cancro. La lattoferrina, per esempio, si usa per trattare alcuni tipi di tumore del colon, il carcinoma polmonare e il cancro al seno; l’alfa-lattoalbumina riduce il danno di tumori cerebrali e induce l’apoptosi (vale a dire il suicidio) delle cellule tumorali nel papilloma cutaneo umano e nel cancro della vescica».
Il latte è uguale per tutti
Il latte cambia poco da mamma a mamma, anche se si osservano diversità in merito al contenuto di ferro, calcio, zinco e rame, vitamina D, vitamina K e altri micronutrienti collegati alla dieta seguita dalla mamma o ai suoi stili di vita.
«Ma se fosse solo questo, non sarebbe poi così difficile riprodurre il latte materno. La sua bellezza sta nei componenti non-nutrizionali come gli ormoni, fattori di crescita che svolgono un ruolo cruciale nella maturazione e nella guarigione della mucosa intestinale dell’intestino immaturo nei neonati o nello sviluppo del sistema nervoso. Ci sono tantissime altre sostanze che concorrono a tutelare la salute del neonato. Molte, ancora oggi, non sono conosciute in tutte le loro proprietà».
Allattare dopo un tumore
Molte donne temono che sia pericoloso allattare al seno dopo una diagnosi di cancro, oppure dopo un intervento chirurgico o un ciclo di chemio e radioterapia. In realtà non è così. Anzi, l’allattamento si dimostra utile sia per la donna che per il bambino, a patto naturalmente che la donna se la senta.
«In letteratura scientifica non si è mai osservato che ci sia un passaggio di cellule tumorali attraverso il latte materno o che i trattamenti oncologici modifichino la qualità del latte. Allattare non solo fa stare in salute, ma stabilisce un legame psicologico tra madre e figlio e rassicura il bambino, che con il parto perde bruscamente la protezione data dal corpo materno. Se il timore è che il latte non sia sufficiente a soddisfare i fabbisogni del bambino, cosa molto rara, nulla esclude di integrare con latti artificiali, senza però far venire meno il latte della mamma».
Ci sono però delle situazioni in cui allattare non è consigliato, per esempio durante il trattamento con chemio o radioterapia o mentre ci si cura con alcuni farmaci biologici. Tuttavia, in alcuni casi da valutare volta per volta, è possibile allattare negli intervalli fra un ciclo di terapia e l’altro, sempre a patto che la mamma lo desideri e si senta in grado di farlo.
È sempre consigliabile che la giovane mamma riceva una valutazione multidisciplinare che comprenda anche il parere di un esperto in allattamento.
Un aiuto per ogni necessità
Non è un caso se dal 1981 l’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha sottolineato l’importanza dell’allattamento al seno anche in situazioni che, nella percezione comune, possono suscitare qualche preoccupazione. La figura del consulente dell’allattamento aiuta a gestire al meglio anche i casi particolari di neomamme con problemi diversi.
In Italia la figura del consulente è ancora poco conosciuta, mentre in altri paesi fa parte dell’equipe sanitaria di molti ospedali. Il consiglio è, in caso di dubbi, perplessità o difficoltà, di chiedere serenamente una consulenza. Per conoscere quali sono le professioniste della propria regione, dove operano e come si possono contattare esiste l’Associazione Italiana Consulenti Professionali Allattamento Materno (AICPAM).