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Inquinamento in pianura Padana

«È inutile darsi arie, non siamo che respiri frettolosi».

Chi l’ha detto, chi è il poeta?

L’ho pensato e scritto io, respirando una boccata d’aria fresca, stamattina.

Abito nella pianura Padano-Veneta a 30 km dal mare e a 80 dalle Dolomiti, patrimonio dell’umanità.

Una boccata d’aria fresca me la posso pur permettere, no?

Rientro e scorgo una mappa prodotta da INHALE Lombardia (Impact on humaN Health of Agricolture and Livestock Emission) che esprime la sua opera nella ricerca sull’impatto delle emissioni di fonte agrozootecnica sulla qualità dell’aria…

Eseguo rapidamente il mio semplicissimo 2 + 2 e capisco che non sia proprio il caso di darsi delle arie.

L’analisi stringente della mappa sopra riportata porta a pensare che: a riscaldamenti spenti e a un basso tasso di traffico automobilistico, ciò che inquina davvero in pianura padana sono i liquami degli allevamenti intensivi.

Grana e culatello inquinano così tanto?

Me lo sono chiesto ad alta voce e l’ho chiesto a Jacopo Giliberto, giornalista e autore.

Pianura inquinata

Jacopo, l’inquinamento nella pianura Padana, ce ne parli un poco?

«Quando si discute di inquinamento, nell’immaginario collettivo si accavallano emissioni di fumi densi e voluttuosi. Si immaginiamo i comignoli delle industrie e degli edifici e i tubi di scappamento delle auto e dei camion che, sicuramente, hanno un effetto importante sulla scarsa qualità dell’aria che respiriamo. Ma, in realtà, queste forme di inquinamento, sia pur molto potenti e molto diffuse, se la giocano alla pari con le emissioni di particolato prodotte dall’industria agricola e zootecnica».

La pianura Padana, quanto incide la sua conformazione territoriale ‘a catino’, visto che abbiamo le Alpi alle spalle?

«Su tutte le forme di inquinamento dell’aria la pianura Padana ha una caratteristica quasi unica.

Una peculiarità che ha reso questa pianura una delle aree più ricche del mondo da secoli e addirittura da millenni. Questa benedizione si è mutata anche nel suo rovescio, è diventata una disgrazia viste le problematiche dovute alla qualità dell’aria.

Il territorio che la contiene è protetto a nord dalle Alpi e a sud dagli Appennini emiliano-romagnoli, un perimetro montagnoso che la rende simile a un grande catino. Anni orsono, un simpatico personaggio di una trasmissione popolare, che noi boomers ricordiamo bene, Portobello, proponeva di abbattere una montagna che sta tra la Lombardia e la Liguria in modo da aprire una finestra e far passare la corrente d’aria in grado di spazzare la nebbia padana…

Risultava, ovviamente, di una soluzione assurda da tanti punti di vista ma che aveva una sua logica. La conformazione del ‘catino’ impedisce all’umidità e al resto, di essere spazzata dai venti.

La cappa non se ne va mai.

Queste caratteristiche sono state benefiche e positive per millenni, fin dai tempi della rivoluzione agricola del neolitico, fin dai tempi dell’Impero Romano e delle grandi bonifiche del medioevo…, fino alla rivoluzione industriale. Il sistema industriale, basato sul carbone che ha una capacità inquinante molto intensa, ha trasformato la fertile pianura padana nell’area più inquinata d’Europa».

Traffico

Sì, ma, il traffico e il riscaldamento delle aree metropolitane e le industrie?

«Non è del tutto vero, certo, lo è stato per molto tempo ma oggi non è più così.

Le tecnologie adottate per l’automotive hanno ridotto moltissimo le emissioni. Un tempo non molto lontano i tubi di scappamento erano senza filtri. Oggi non è più così. Le marmitte catalitiche e le migliorie della combustione dei motori hanno prodotto dei miglioramenti sensibili. Da alcune tabelle si evince che le emissioni delle auto Euro 6 sono quasi indistinguibili da quelli dell’automobile elettriche. Rimangono solo le emissioni di particolato formato dall’attrito della gomma sull’asfalto, particolato ineliminabile anche dall’uso delle automobili elettriche.

Dirò di più, si è ridotta di molto la percentuale di emissione prodotta dalle caldaie per il riscaldamento. Un tempo funzionanti a gasolio o a carbone, sono state sostituite dal gas.

La qualità dell’aria nelle città migliora di anno in anno, da decenni si assiste a questo trend virtuoso».

Industrie

E l’industria?

«Molte industrie impattanti sono state delocalizzate (vanno a inquinare da un’altra parte) e lo stringimento dei parametri ha obbligato quelle che sono rimaste nel territorio a usare sistemi di filtraggio sempre più efficienti.

Al di là di questi parametri in netto miglioramento, ciò che è rimasto invariato o addirittura peggiorato, ha a che fare con l’industria zootecnica e agroalimentare».

Azoto

«Le emissioni del primario sono prevalentemente a base di azoto. Le concimazioni a base di di urea, quelle NPK con fosforo e potassio aggiunto all’azoto, le stesse concimazioni naturali… contengono elevatissime percentuali di azoto.  La concentrazione elevatissima di allevamenti intensivi di suini e bovini, dalla Lombardia fino Veneto e all’Emilia-Romagna, fanno il resto.

L’azoto e i suoi derivati, battuti dal sole emettono inquinamento fotochimico. I raggi solari colpiscono queste particelle che si trasformano e diventano degli aggregatori di polveri sottili che compongono il particolato rilevato dagli strumenti di misurazione.

A differenza delle grandi città, nelle campagne e nei piccoli centri si è sostituito il gas con pellets e legna per il riscaldamento. Si pensi che una stufa a pellet di vecchia generazione inquina come 100 caldaie a gas.

Ecco che, mentre il trend della qualità dell’aria nei grandi centri urbanizzati, migliora, non si può dire altrettanto per le aree rurali della pianura».

Good New

Jacopo, lasciaci con una bella notizia.

«Dai dati diffusi dall’eurobarometro la qualità dell’aria, in generale, sta migliorando in modo molto visibile, da diversi anni».  

Se ti è piaciuto l’articolo leggi anche Inquinamento e tumori in Italia.

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