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Cosa significa cibo di valore? 

Continua la collaborazione tra VeS Web e la Fondazione Comitans sul Progetto Primi 1000 giorni, che coinvolge tre sfere principali: 

  • Salute: con l’obiettivo di studiare la nutrizione nei primi mille giorni di vita, approfondendo l’influenza che quella materna, neonatale e infantile ha su fattori epigenetici, microbioma e malattie non trasmissibili (come quelle metaboliche, le cardiovascolari, il cancro etc.) sostenendo un progetto di ricerca scientifica in collaborazione con l’Università Campus Bio-Medico di Roma e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù; 
  • Sociale: con l’obiettivo di incentivare, tra le madri e i bambini, la promozione di una corretta alimentazione e nutrizione attraverso informazione ed educazione, contribuendo all’accessibilità diffusa di prodotti alimentari ad alto valore nutrizionale; 
  • Agroalimentare: con l’obiettivo di riflettere sul tema della produzione e distribuzione alimentare, dialogando con cooperative e aziende agricole che lavorino adottando un approccio sostenibile alle risorse ambientali e producano alimenti ad alto valore nutrizionale. 

Cibo di valore 

Il cibo è consapevolezza, conoscenza, responsabilità verso di noi ma anche verso gli altri e verso l’ambiente. Produciamo cibo sufficiente per nutrire tutto il pianeta (paradossalmente ce n’è a sufficienza anche per quando saremo più di otto miliardi), ciononostante ci sono ancora persone denutrite o malnutrite.  

«Il problema è che sprechiamo il 30% del cibo prodotto, in parte perché lo buttiamo, in parte perché anche quando recuperiamo le eccedenze, queste non sono adeguate alle esigenze nutrizionali delle persone a cui le diamo. La malnutrizione comprende molto di più del semplice concetto di fame. Anche l’obesità, che ci colpisce più da vicino, è una forma di malnutrizione e può essere causata dalla difficoltà ad accedere a del cibo sano, per motivi economici o geografici»

Pensiamo per esempio alle grandi città, dove esiste un fenomeno che si chiama “deserto alimentare”: sono presenti magari i fast food, ma non c’è modo di comprare del cibo fresco. Ecco allora che serve trovare un nuovo concetto per comprendere quegli aspetti che vanno oltre al sano.  

«Il nuovo concetto è quello di ‘cibo di valore’, che comprende nella sua valutazione anche la qualità nutrizionale, la consapevolezza, la sostenibilità, l’accessibilità, l’inclusività (il cibo è anche cultura e religione) e l’adeguatezza a una specifica dieta, per esempio quella dei bambini e degli anziani» 

Le ultime ricerche scientifiche indicano l’importanza cruciale della nutrizione nei primi mille giorni.  

L’incredibile complessità della spesa  

Il concetto di cibo di valore può servirci come linea guida nelle scelte della nostra spesa quotidiana.  

«La complessità dei fattori è incredibilmente alta e già oggi di fronte a uno scaffale pieno di prodotti ci chiediamo: cosa devo preferire? Un prodotto stagionale o uno di serra? Un prodotto importato o locale? Meglio il naturale o il processato? Meglio la quantità o la qualità? Sono tutte domande che non hanno una risposta univoca. Molto dipende dal luogo, dal momento o dalla condizione che stiamo vivendo. Occorre considerare i diversi fattori e orientarsi nella complessità per stabilire cosa è meglio».

È quasi impossibile tenere presente tutti i valori del cibo, ma possiamo, usando l’unica arma a nostra disposizione, la consapevolezza, scegliere quei prodotti che ne soddisfano il maggior numero. «Scegliendo consapevolmente si contribuisce a scrivere la salute dei bambini di oggi e degli uomini e delle donne di domani»

Cos’è meglio? Stagionale o di serra?  

Dipende dal territorio in cui si vive: se un prodotto non è coltivabile in una data area, ci vengono in aiuto le tecnologie per produrlo. Non dobbiamo rinunciare ai pomodori se abitiamo in Norvegia, la serra e la coltivazione idroponica possono essere soluzioni migliori dell’importazione via aerea.  

Importato o locale?  

Tendenzialmente è meglio locale, ma senza rinunciare a prodotti che spesso sostengono delle economie fragili. Se abitiamo a Trieste possiamo mangiare le arance, magari comprate da produttori affidabili del nostro Sud Italia. Ugualmente, quando compriamo il caffè o il cacao cerchiamo di chiederci come sono stati prodotti e resi disponibili sul mercato.  

Qualità o quantità?  

Tutti noi ci “buttiamo” istintivamente sulla quantità, ma bisogna considerare che persino gli alimenti più semplici e “naturali” possono avere caratteristiche molto diverse. Nel 1940, per esempio, una mela conteneva un certo quantitativo di elementi nutrizionali, vitamine e minerali. Per raggiungere lo stesso quantitativo, oggi, dobbiamo mangiarne tre. Gli alimenti prodotti in eccessiva quantità e senza la dovuta attenzione alla qualità sono un male, per noi e per l’ambiente.  

Salute o piacere?  

Tendiamo a considerare salute e piacere come elementi separati, ma si può ritrovare il piacere in un alimento sano. Possiamo abituarci, per esempio, a consumare un po’ meno zucchero tutti i giorni e questo ci permette di poter mangiare senza sensi di colpa, il giorno del compleanno, una ricca torta di cioccolato e panna.  

Fresco o processato?  

Si parla di “naturale” senza pensare che abbiamo cominciato a processare il cibo secoli fa. Solo attraverso la cottura, per esempio, alcuni nutrienti diventano accessibili al corpo. Non solo, un cibo ben conservato ha una durata più lunga che ne garantisce la distribuzione e quindi la disponibilità anche in luoghi remoti prima impensabili. Il cibo processato non va condannato, serve piuttosto la nostra consapevolezza per riconoscere quando il cibo processato non serve. Per fare un esempio: possiamo fare a meno del ketchup.  

Cibo vero o sintetico?  

La risposta non è semplice e deve prendere in considerazione lo stile di vita. Le carni vegane o sintetiche possono aiutare chi non riesce a rinunciare alla carne animale. Ricordiamoci, però, che la produzione dell’hamburger vegano non è necessariamente sostenibile: serve una grande quantità di acqua. Inoltre, contiene un quantitativo di sale non salutare. La soluzione sarebbe, semplicemente, optare per alternative altrettanto nutrienti e gustose, ma più sane e sostenibili. 

Fonte: Fondazione Comitans

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