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Voglia di Ziqqurat 

Turismo archeologico in Sardegna 

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Vento 

Tira un vento che porta via.  Quando soffia Il Maestrale muove tutto, smuove dentro.  Siamo turisti per caso, ma solo a metà. La mia compagna di viaggio si è preparata e ha voglia di Ziqqurat.  

«Uno Ziqqurat in Sardegna?» … 

La mezzaluna fertile tra il Tigri e l’Eufrate è distante mille mila chilometri. Eppure… 

Il paesaggio sa di grano appena mietuto, le balle affastellate lo certificano. In un’aia, all’imboccatura della stradina d’ingresso, la granaglia è stesa al sole tra due muri, il Maestrale non può portar via neanche un chicco. 

Archeologia in Sardegna 

A pochissimi chilometri dalla costa celeste, smeralda, blu, di tutte le tonalità del cielo, verso il centro dell’isola delle meraviglie, si nota una collina rotondeggiante. Terreni piatti e un’altura che li osserva tutti dall’alto. 

L’auto si arresta in un parcheggio in località Monte d’Accoddi, una piana situata a 11 km da Sassari, lungo la vecchia Carlo Felice in direzione Porto Torres.  

La ‘costruzione’ è verosimilmente un altare di epoca prenuragica a forma tronco-piramidale che veniva

usato, probabilmente per il culto della fertilità della Terra e della rigenerazione.  

Chi lo ha costruito?  

La leggenda narra di un principe mesopotamico fuggito e rifugiatosi in Sardegna, che fece erigere un complesso megalitico adibito al culto; con la differenza che, mentre le ziqqurat mediorientali erano “templi del sole”, quel principe lo dedicò alla luna… ci si potrebbe scrivere un romanzo, ma non è vero nulla

Gli storici convengono che l’altare di Monte d’Accoddi sia stato costruito intorno al 2.700 a.C. dalle genti della cosiddetta “cultura di Abealzu-Filigosa”. La costruzione prese il posto di un’altra precedentemente eretta nel 3500 a.C. dalle genti della “cultura di Ozieri”, che però venne distrutta da un incendio. Tutt’attorno sorgono i resti di un villaggio costituito da capanne quadrangolari, delle pietre sacrificali molto suggestive. 

Il cielo e la terrazza 

Il cielo si raggiunge facilmente sul pianoro terrazzato, il punto di contatto tra uomo e divinità.  

Lo “ziqqurat sardo” è stato abbandonato all’inizio dell’età del Bronzo antico (1800 a.C.) ma venne, pare, riutilizzato per le sepolture anche in seguito.  

Ciliegina sulla torta? Durante la Seconda Guerra Mondiale, furono scavate delle trincee per la contraerea… L’altare, come spesso succede, è stato scoperto per caso nel 1954 da Ercole Contu.  

Da quella collinetta cominciarono gli scavi che riportarono alla luce questo tesoro unico. 

E il vento batte ancora con tutta la sua forza, il tempo volta pagina solo per noi. 

Ecco la nostra intervista al Dottor Marco Caria, Archeologo 

Indiana Jones? 

Marco lei è un giovane archeologo, la sua vocazione è nata dalla passione per la saga di Indiana Jones? 

«Io sono nato nel 1986, ho vissuto in pieno la saga di Indiana Jones. 

La decisone e il coraggio di intraprendere la strada per diventare un archeologo è nata piuttosto tardi, più o meno quando avevo 26 anni e in conseguenza della mia grande passione per la storia, in modo particolare per i periodi tardo antico e medievale.  

Ritengo i primi tre film di quella saga, dei capolavori di avventura che però non hanno influito nella mia scelta di diventare archeologo». 

Passione e lavoro 

Com’è nata questa passione che si è trasformata in lavoro? 

«La mia scelta è maturata dopo diversi anni dal conseguimento del diploma in ragioneria. 

Dopo aver frequentato economia e giurisprudenza all’Università di Sassari, decisi che non era quello che volevo fare, facevo fatica e non mi piaceva. 

A un certo punto, anche grazie allo sprone della mia compagna, decisi di affrontare questa sfida durata sette anni tra triennale, magistrale e Scuola di Specializzazione in archeologia medievale. 

Già dalle elementari avevo una predisposizione per la storia e l’archeologia. Mi piacevano talmente tanto che mi bastava stare attento a lezione per ricordare tutte le informazioni e superare agevolmente le interrogazioni con il minimo sforzo». 

La Sardegna è di più 

La Sardegna non è solo mare smeraldino e biodiversità. Le città, a parte alcune, non lasciano grandi tracce ma i reperti archeologici sono moltissimi. Quali l’appassionano di più? 

«La mia isola dal punto di vista naturalistico, storico e culturale è veramente complessa. 

È la regione con la più alta densità di siti archeologici al mondo e questo rende difficile la loro gestione. 

Le peculiarità sono molte a partire dai siti prenuragici, come Monte D’Accoddi, i nuraghi ed ora il

grande successo riscosso dai Giganti di Mont’e Prama. 

I turisti sono affascinati da questi siti e da questi reperti, ma sicuramente non è trascurabile la grande quantità di reperti archeologici dei periodi romano e medievale. 

Sicuramente, tra i miei preferiti, ci sono il complesso archeologico romano di Porto Torres, con i resti delle terme con i mosaici e – sempre nella città portuale – la necropoli di Via Libio, ritrovata al di sotto di una palazzina di recente costruzione e spettacolare per la particolarità del ritrovamento. 

Altri siti che mi hanno colpito in modo particolare sono le Terme di Fordongianus, gli scavi al di sotto della Chiesa di Sant’Eulalia a Cagliari – dove è venuta alla luce parte di un quartiere della città romana – e i castelli di Bosa, Castelsardo e Burgos unici per la loro spettacolarità nonostante la loro parziale distruzione. A questi si aggiungono le chiese romaniche di S.Pietro di Sorres a Borutta; Saccargia e N.S del Regno di Ardara che conserva il più grande retablo di epoca medievale della Sardegna». 

Consigli ai turisti per caso 

Personalmente ho visitato il sito di Monte d’Accoddi, quali altri siti consiglierebbe a turisti per caso come il sottoscritto? 

«Per quanto riguarda un ipotetico giro da consigliare a un turista per caso, l’impresa si rivela ardua per la grande quantità di siti. 

Innanzitutto, consiglio di venire in Sardegna con un’auto o di prenderla a noleggio perché alcuni siti risultano difficili da raggiungere altrimenti. 

Consiglierei di seguire la direttrice principale dell’Isola, la SS 131, che ricalca il tracciato dell’antica strada romana che univa Porto Torres a Cagliari e permette di avere un quadro generale sulle fasi storiche della Regione. 

Partendo da Nord, comincerei dall’area archeologica di Porto Torres e Monte D’Accoddi, un monumento unico nel mediterraneo. 

Giunti a Sassari e visitata la città si può proseguire verso sud, raggiungendo il nuraghe Santu Antine a Torralba, il più alto della Sardegna. 

All’altezza di Bonorva, merita una piccola deviazione il sito di Sant’ Andrea Priu, con le tombe scavate nella roccia, di cui una adattata a chiesa rupestre intorno al IV sec d.C. 

Proseguendo verso sud, nella zona di Paulilatino, si trova il pozzo sacro di Santa Cristina con il suo villaggio. 

Deviando per Cabras, uscendo dal tracciato della strada statale, si raggiunge la Penisola del Sinis con Tharros e la sua area archeologica, con una cronologia che va dall’ età fenicia all’epoca tardo antica

Nella zona del Sinis merita una visita il villaggio di San Salvatore, ambientazione di alcuni film western degli anni ’70, dove al di sotto della chiesetta è presente un ambiente ipogeico realizzato in epoca nuragica, dedicato al culto delle acque e utilizzato nelle epoche successive come luogo sacro. Presenta alcune iscrizioni romane e un’invocazione ad Allah risalente all’epoca medievale. 

Lasciata la zona dell’Oristanese si entra nella provincia di Cagliari, dove si trova il centro di Sanluri con il suo castello, l’unico abitato e abitabile della Sardegna

Giunti a Cagliari si possono visitare i siti di Tuvixeddu, la più grande necropoli antica del Mediterraneo, l’anfiteatro romano situato sotto lo sperone roccioso del quartiere di Castello. 

Sempre nei dintorni del capoluogo è degno di nota il sito di Nora, una città romana posizionata sul mare e collegata alla tradizione del martirio di Sant’ Efisio. 

Questi sono solo una piccolissima parte dei siti, forse i più facili da raggiungere perché a pochi Km dall’ arteria principale. 

Ma se amate perdervi, la Sardegna offre molto di più». 

Se ti è piaciuto l’articolo leggi anche l’intervista al Dott. Nicola Bressi, Zoologo e curatore del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste.

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