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Donare, pensare, ringraziare: i verbi della coppia

Ci troviamo, insieme, all’ingresso del Vittoriale, la casa-museo che ospitò il poeta D’Annunzio, e siamo colpiti dalla frase incisa sul portale d’ingresso: «Io ho quel che ho donato». Com’è possibile che ciò che doniamo rimanga ancora, in qualche modo, in nostro possesso?

Poi, pensiamo a un’immagine biblica, quella del dono cristiano per antonomasia, cioè Gesù Cristo: «Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato (donato) il suo unigenito Figlio» (Giovanni 3:16). Anche in questo caso, Dio non ha perso nulla nel donare ma, anzi, appare ai nostri occhi ancora più totale.

E che dire del donare, così come viene declinato nella coppia e in generale nel luogo della famiglia? Quali vissuti evoca e in che cosa possiamo crescere?

Il dono-dovuto

La prima cosa che ci viene in mente pensando al dono è quando diamo per scontato ciò che l’altro fa per noi, ritenendolo parte del suo dovere. Se durante il fidanzamento apprezziamo un dono particolare – per il compleanno, una festa – una volta sposati rischiamo di non stupirci più di quel gesto e di ritenerlo, piuttosto, un fatto scontato, se non addirittura facente parte dei “doveri coniugali”. Quando succede, il “grazie” che ne deriva diventa più una frase di buona educazione piuttosto che di apprezzamento per quanto ricevuto.

Quanto è invece importante fermarsi e pensare al dono che l’altro – il coniuge, il figlio, un parente – ha fatto per noi. Non è un caso che la parola “grazie”, in inglese thank, derivi proprio dal verbo “pensare”, cioè to think. Nella coppia è importante non farsi prendere dalla routine fino a non aver più tempo per porre attenzione ai doni dell’altro.

Il dono-apprezzato

A questo punto, quando pensiamo al dono ricevuto, possiamo sperimentare la gioia che ne deriva. Quel dono diventa importante, indipendentemente dal suo valore. Diventa speciale, anche se fatto per l’ennesima volta. Quel dono porta a esprimere un “grazie” ancora più totale. È significativo che la radice di “ringraziare” è grazia, cioè “favore e dono”, che a sua volta deriva da gioia.

Quindi, di fronte a un dono sono invitato a restituire, anche se in parte, il piacere ricevuto. Solo quando siamo riconoscenti – cioè abbiamo pensato – sappiamo esprimere un grazie di cuore, restituendo così al nostro coniuge parte della gioia ricevuta. Non è più un “grazie” sfuggente, distratto, automatico, ma è un dono bello quanto ciò che abbiamo ricevuto.

Il dono-ricambiato

Ora siamo pronti per sperimentare il livello massimo del dono: il desiderio di contraccambiare, non certo per sdebitarci quanto invece come desiderio di donarci a nostra volta. Il donare è una relazione a doppio senso, un legame reciproco che porta la coppia a trovare un equilibrio tra ricevere e dare. Quest’esperienza del dono ci porta a esprimere il nostro “grazie” a un livello superiore. Non a caso, in portoghese la parola per “grazie” è obrigado, cioè “obbligato”.

Nella vita di coppia ci sentiamo “obbligati” a donare – e donarci – non certo con la calcolatrice in mano, per stabilire quanto volte lo hai fatto tu e quante io. Ci sentiamo “obbligati” grazie a un amore altruistico così come espresso ancora da Gesù: «Vi è più gioia nel dare (donare) che nel ricevere» (Atti 20:35)

Conclusioni

Siamo ancora all’ingresso del Vittoriale, Anna e io, presi come siamo da questa riflessione sul dono. Non sappiamo se avremo tempo di visitarlo. Forse ce ne torneremo a casa. Ma una cosa non dimenticheremo di questa visita: l’importanza del donare nella nostra famiglia. Del dono che cercheremo di dare ai nostri figli per il loro futuro. Del dono che condivideremo con le persone che passeranno dalla nostra casa. Del dono che abbiamo ricevuto da Dio tramite la fede in Lui.

Se ti è piaciuto l’articolo leggi anche Dono e Perdono.

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