fbpx

Ma la plastica è davvero così pericolosa?

Il parere di un esperto, controcorrente

L’uso della plastica nel G20 è destinato a raddoppiare.  

Ma allora, tutti gli impegni presi a favore dell’ambiente sono solo carta straccia (plastica straccia)?  Chiamo Jacopo Giliberto, giornalista che scrive per il Sole 24 ore di energia e ambiente.  

Jacopo, una situazione angosciante, non trovi?  Invece di andare in meglio si peggiora di continuo… 

«Ci sono molti luoghi comuni che circondano la plastica: è inquinante! Pericolosa! 

In realtà è solo sporca. 

Si tratta di un inerte la cui struttura molecolare le impedisce di entrare nel ciclo biologico. Proprio per queste caratteristiche è un materiale molto efficace. È sacrosanto limitarne la diffusione, ma non tanto negli utilizzi in cui è ormai indispensabile. 

Un esempio: i paraurti delle automobili. Sono elementi di plastica, leggeri, resistenti agli urti.  

Leggerezza significa meno consumo di combustibile. Non degradano, non arrugginiscono. Caratteristiche che certificano l’impossibilità della degradazione visto che non interagisce con gli altri composti chimici. Nemmeno i reagenti più potenti come l’acido solforico riescono a scalfirla, infatti questo acido viene contenuto, come quello muriatico, in contenitori di plastica. 

Gli stomaci animali non possono scinderla e digerirla. Il problema c’è, non voglio minimizzarlo, ma è più sporco che altro.  

Certo, il flacone di detersivo che galleggia viene confuso dal capodoglio che crede possa essere un calamaro, si riempie la pancia ma continua ad avere la stessa fame di prima però… è proprio qui che voglio arrivare: il problema non è da imputare al materiale quanto invece al suo sversamento incontrollato. 

La maggior parte della plastica che galleggia o affonda nei mari è sversata da quei paesi che consumano, come l’occidente, ma non sono attrezzati alla raccolta. 

Viene portata dai 10 grandi fiumi del mondo come il Nilo, il Gange, Rio delle Amazzoni, che sono la foce di paesi non ancora organizzati in questo senso. 

A Manila c’è una discarica in riva al mare. Le onde dell’oceano Pacifico trascinano 1500 tonnellate di plastica ogni giorno. 

Più che allarmarsi sulla produzione, a mio parere, dovremmo preoccuparci del recupero e dello stoccaggio e del riciclo eventuale». 

Uso insostituibile? 

«La plastica è particolarmente diffusa perché infrangibile e leggerissima. Un altro materiale simile non c’è.  Una vaschetta contenente 4 pomodori ha speranza di essere mangiata dopo 10 giorni dalla raccolta solo perché protetta dalla plastica. 

La storia dei broccoli la conosci? La racconta Dario Bressanini. 

In breve: il broccolo è un fiore. Entro 5 giorni dalla raccolta è da buttare, si affloscia, cambia colore. Va calcolata la raccolta, la confezione, il viaggio, la preparazione al banco, l’acquisto, la giacenza in frigo. Senza la confezione in plastica in pochi mangerebbero il broccolo. 

La plastica conserva e in una società come la nostra non ci si può permettere di acquistare fresco tutti i giorni. La società tradizionale che sacrificava la vita femminile non torna più e per fortuna. L’urbanizzazione di milioni di persone nelle città impedisce un’organizzazione alimentare che funzionava benissimo nella pre-industrializzazione. 

Quello strato di politene salva tonnellate di cibo che altrimenti sarebbero buttate.  Quell’insalatina fresca e già lavata non la mangerebbe nessuno se fosse contenuta in confezioni di carta e spappolata a fine giornata». 

Le microplastiche 

«Eccoci giunti a questo capitolo. Le microplastiche che si trovano dentro agli animali sono in gran parte di due tipi: 

  1. Quelle naturali, rappresentate dalle cutine delle piante. Tutte le foglie, o gran parte di queste sono ricoperte e difesa da una sorta di vernice naturale praticamente indistruttibile. Sono classificabili al livello delle paraffine. Le microplastiche che si trovano in Antartide appartengono a questa categoria. 
  1. Quelle artificiali. Provenienti soprattutto dal tessile poliestere.  Ogni lavaggio in lavatrice disperde milioni di microfibre di poliestere. Per raffronto, un bucato di cotone ne disperde poche decine di migliaia. 

Un altro elemento inquinante è dovuto all’uso delle macchine asciugatrici.  Non va dimenticato lo sfarinato delle gomme e dell’asfalto stradale. Anche qui, strada, canale di scolo, torrente, fiume, mare, oceano. 

Della plastica a oggi non possiamo fare a meno.  Dovremmo incrementare l’attenzione all’uso, alla raccolta, al filtraggio, al riutilizzo». 

spot_img
spot_img
Articoli recenti
- Abbonati alla nostra rivista cartacea -spot_img

ARTICOLI CORRELATI
Annuncio pubblicitariospot_img