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Inquinamento climatico 

L’Europa si sta davvero riforestando?

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  • Dibattito sul WEB

Circola sul web un video ben fatto, pubblicato nel 2014 dal Washington Post, che dimostra quanto l’Europa si sia via via colorata di verde in questi ultimi 100 anni. 

Ma è davvero così? 

Lo chiediamo al Professor Nicola Bressi, zoologo, già Direttore Servizio Musei Scientifici di Trieste, del Museo Civico di Storia Naturale, Civico Museo del Mare, Civico Acquario Marino, Civico Orto Botanico… 

Cambiamento climatico o inquinamento climatico? 

Professor Bressi, Nicola, cosa ne pensa di questo documento del WP? Cosa c’è di vero?  

Per quale ragione ci si allena con tanto impegno allo scetticismo riguardo al riscaldamento globale o al cosiddetto cambiamento climatico? 

«Partiamo dalla fine, dal cambiamento climatico, dal riscaldamento… Io preferisco chiamarlo: inquinamento climatico.  

Il termine inquinamento rende molto meglio, a mio avviso, l’idea di quello che sta accadendo sotto ai nostri occhi. L’inquinamento non rappresenta sempre e solo qualche cosa di tossico ma anche un cambio di stato, un’alterazione artificiale della natura. Si pensi all’inquinamento luminoso, all’inquinamento acustico, ma anche all’inquinamento di prove sulla scena di un delitto o durante un’indagine… 

Inquinare è sinonimo di alterazione di ciò che c’era.  

Ecco: abbiamo alterato il clima. Crisi climatica, cambio climatico, sono locuzioni neutre che stimolano reazioni comuni:  

“Vabbè, le crisi ci sono sempre state, i cambiamenti di clima, le ere si sono sempre susseguite, eccetera”.  

Convinzioni, queste ultime, che trovano riscontro veritiero e che sganciano dalla responsabilità umana o antropica ormai accertata dal 99% dei climatologi.  

È una verità contestata?  Certo, tutto è contestabile, in ogni materia o dominio c’è sempre qualche contestatore, l’unanimità non è mai raggiungibile dall’umanità.  

Si pensi, a titolo di esempio, che non tutti i fisici sono convinti che la terra sia un geoide. Nel nostro caso, per ciò che riguarda l’inquinamento climatico antropico, non c’è unanimità ma ciò non toglie che la verità sia accertata da prove scientifiche schiaccianti. 

Chi le contesta può dirlo liberamente, ci mancherebbe, ma il tutto suona un po’ sospetto, diciamo pure che sono affermazioni che odorano un pochino di fumo». 

Quest’estate il puzzo di fumo lo si è sentito, eccome 

«In effetti, non ho usato quest’espressione a caso. Ritornando al tema principale, il documento pubblicato dal WP e dalla ripresa social. Perché? 

Il ragionamento di fondo può essere così riassunto: “Ma sì, tutto sommato non è poi un grosso problema. Disboscare, bruciare, perché l’Europa sta diventando più verde. E allora, pazienza… Tanto rumore per nulla”. 

Ora, il documento in oggetto parte da una verità incontestabile. A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale l’Europa ha vissuto un’ondata di benessere diffusa. Ciò ha fatto sì che tantissimi territori marginali, precedentemente coltivati da un’agricoltura di montagna faticosissima, da un’agricoltura di sussistenza in collina, su pendii scomodissimi e anche lo sfruttamento del legno da ardere e il lavoro di boscaiolo… tutta questa impostazione economica, insomma, fosse via via abbandonata. 

Ecco, a partire dal dopoguerra in poi, per tutte le ragioni spiegate, c’è stata una ripresa e anche un’avanzata importante dei boschi.   

Ma, c’è sempre un ma. Quel documento del WP si riferisce a dati del 2010 e il quadro è notevolmente cambiato in questi anni».  

Incendi 

«Se andiamo a osservare da vicino le condizioni attuali, a luglio di quest’anno per incendi in Europa è andato bruciato 4 volte più superficie boschiva rispetto alla media dal 2006 al 2021.  

In Europa andavano bruciati mediamente 350.000 ettari di terreno in un anno solare, quest’anno a metà anno sono già quasi il doppio: 515.000 ettari (Fonte Effis).

Il riscaldamento a legna è ridiventato comune, ci sono disboscamenti causati dall’erosione e dalle alluvioni e le tempeste (Vaia), i disboscamenti rimpiazzati dal cemento armato. La guerra in Ucraina ha spinto molti agricoltori a usare terreni marginali lasciati a bosco. 

Per ciò che concerne l’Italia, è uscito da qualche settimana un dato allarmante per la percentuale di consumo di suolo, boschi, campi per posteggi, centri commerciali, capannoni, eccetera. 

L’avanzamento del bosco in Europa, non c’è. Non c’è più». 

Non tutto il verde è bosco 

«C’è un altro motivo per cui secondo alcuni si nota ancora l’espandersi del verde. 

In realtà non si distingue la differenza tra bosco e verde. Un terreno verde e un terreno a bosco sono due cose completamente diverse. Un terreno verde è coperto da vegetazione, una monocultura a mais vista dal satellite, nella stagione giusta è senz’altro verde. Ma una monocoltura è tutt’altro che è un ambiente sano e ricco di biodiversità che produce ossigeno e toglie CO2. Non tutto ciò che è verde è sempre bosco e non solo, un bosco molto giovane non è che un mero insieme di alberi, assorbe poca CO2, ha pochissima biodiversità rispetto a un bosco maturo.  

Un bosco è una relazione degli alberi tra di loro con le radici e con tantissime altre forme di vita io per spiegarlo uso sempre il paragone con una squadra di calcio.  

Una squadra di calcio non si riduce a 11 persone che corrono su un prato verde. Una squadra di calcio sono 11 persone allenate, preparate, che si conoscono, che hanno degli schemi, che hanno un allenatore, che hanno uno sponsor, che hanno un magazziniere, che hanno un preparatore atletico… questa è una squadra di calcio.  

Un’area rinverdita, con alberi magari, non è ancora un bosco.  

Come si riconosce un bosco?  

Un bosco include gli alberi, i funghi, il gufo, il cervo, lo scoiattolo, gli insetti, gli anfibi… la vita che si autoperpetua nella biodiversità. La vita». 

Se ti è piaciuto l’articolo leggi anche questa intervista al Dott. Bressi.

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