Green Bond
Prof Polinori, è notizia di qualche giorno fa che l’Unione Europea ha dato il via libera ai “Green Bond”.
Questa parola, “bond”, torna frequentemente nel dibattito politico. L’abbiamo sentita spesso durante la pandemia, quando si parlava di virus e crisi economica; ne parliamo oggi quando ci riferiamo ad energia e ambiente. Cosa è un bond? Perché oggi se ne fa un gran parlare in Europa?
La domanda è piuttosto complessa e richiede una risposta articolata. Dal punto di vista tecnico, un bond è, per l’acquirente, un titolo di credito (di tipo obbligazionario) che rappresenta la quota di un debito (di medio lungo periodo) contratto da aziende private, istituzioni finanziarie, enti pubblici. E conferisce al possessore il diritto di esigere, alle scadenze pattuite, un reddito (cedola) che generalmente è fisso.
Visto dal lato di chi lo emette, un green bond è quindi un’obbligazione (titolo di debito) associata al finanziamento di progetti ad atteso impatto ambientale positivo.
Ad esempio, sono finanziabili progetti di produzione di energia da fonti rinnovabili piuttosto che d’efficientamento energetico. Gestione sostenibile dei rifiuti, preservazione e/o valorizzazione delle risorse naturali, tutela della biodiversità etc.
La finalità dei green bond è dunque quella di aumentare la disponibilità di capitali necessari per la transizione ecologica riducendo i costi del debito associati ai progetti green.
Climate Awareness Bond
Ci sono già stati nella storia esempi di Green Bond? Quali sono stati i Paesi che si sono mossi per primi, anche sperimentando? È servito da esempio? Hanno avuto efficacia?
Dal punto di vista storico il primo Green Bond al mondo fu il “Climate Awareness Bond” emesso nel 2007 dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI). Nel marzo 2007, il piano d’azione del l’Unione Europea per l’energia fissò obiettivi ambiziosi nei settori delle rinnovabili e dell’efficienza energetica (riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40%, rispetto al 1990, entro il 2030), esortando la BEI a impegnarsi in questi ambiti. Come risposta, la BEI emise proprio il “Climate Awareness Bond”, un’operazione da 600 milioni di euro.
Con questa emissione la BEI aprì anche alla trasparenza fornendo agli investitori un legame evidente tra finanziamenti per il clima e prestiti. Dando luogo così ad un approccio convalidato dal mercato e che è riconosciuto come “best practice”.
La Polonia è stata il primo Paese a emettere nel 2016 un green bond sovrano. Mentre in Italia, il primo green bond è stato emesso nel 2014 dalla multiutility Hera, mentre nel marzo 2021, lo Stato ha emesso il primo BTP Green.
Green Bond e agenda politica
Ad oggi invece a che punto siamo e perché hanno suscitato così tanto interesse da diventare tema di dibattito pubblico che condiziona anche l’agenda politica?
Concentrandoci sul presente vediamo che il mercato dei green bond è esploso negli ultimi anni, con l’ingresso di molti nuovi emittenti. Ma anche con prodotti dubbi che hanno contribuito al fenomeno del cosiddetto greenwashing (ecologismo di facciata). Secondo i dati della Climate Bonds Initiative (organizzazione internazionale, senza scopo di lucro, dedicata a mobilitare il mercato obbligazionario globale), nel primo semestre del 2021 sono stati emessi nel mondo oltre 190 miliardi di dollari di green bond. Mentre il totale dei titoli in circolazione ammonterebbe a oltre 1.200 miliardi di dollari.
Si tratta evidentemente di un fenomeno diffuso e anche abbastanza datato; allora perché tanto interesse in Europa in questi ultimi mesi? Ovviamente, oltre al Next Generation EU e alla associata transizione ecologica, l’interesse è riferibile, da un punto di vista politico, a due accadimenti recenti.
- Ottobre 2021, emissione del primo Bond verde targato EU, debito emesso per 12 miliardi, durata 15 anni, richieste per più di 130 miliardi. Un’enorme domanda che ha ridotto notevolmente il costo del debito con grande vantaggio per l’emittente, in questo caso significa risparmi per l’Unione Europea.
- Aprile – Maggio 2022 avvio del percorso di definizione del regolamento europeo per i Green Bond, con il Parlamento Europeo che, tramite il lavoro della sua Commissione per i problemi economici e monetari, ha messo in campo una posizione nettamente più stringente di quella del documento predisposto dalla Commissione Europea con l’intento di rendere i bond Europei un Gold Standard a livello globale eliminando alla radice il fenomeno del “greenwashing”, usato da molte aziende che presentano come ecosostenibili le loro attività con marketing fuorviante, mentre occultano gli impatti negativi che producono all’ambiente.
Green Bond e frodi
Come riuscire a governare il fenomeno evitando mistificazioni, scorciatoie e frodi, riuscendo a produrre garanzie e a fare della corretta comunicazione?
In particolare, il Parlamento è intervenuto con modifiche sul testo della Commissione Europea principalmente in cinque punti:
- Introduzione di requisiti di trasparenza per i green bond con allineamento alla normativa sulla tassonomia e garanzie di non danneggiamento di persone ed ecosistemi;
- I green bond EU dovranno essere dotati di piani di transizione verificati. Inoltre, tutti gli emittenti di green bond dovranno mettere a punto processi per identificare e limitare i principali impatti negativi della loro attività;
- È fatto divieto di emettere green bond EU ai Paesi che rientrano nella lista grigia o nera dei paradisi fiscali dell’UE;
- Vigilanza rafforzata sul conflitto di interessi dei revisori esterni dei green bond europei (i conflitti di interessi tra coloro che emettono titoli azionari ed obbligazionari, gli investitori ed i soggetti deputati alla valutazione di detti titoli, ad esempio agenzie di rating o revisori in genere, è divenuto un tema caldissimo dopo la crisi finanziaria dei mutui subprime);
- Dato che la normativa sulla trasparenza europea assimila nucleare a alcune fonti fossili alle fonti energetiche green, si introduce un ulteriore requisito di trasparenza. Si prevede che qualora un emittente di green bond intenda destinare i proventi ad attività connesse al nucleare o al gas fossile questo deve apparire in modo evidente sotto forma di dichiarazione esplicita sulla prima pagina del Factsheet (scheda informativa) del green bond in questione in modo da garantire la liberta di scelta all’investitore.
Secondo il parlamento europeo questi requisiti dovrebbero essere alla base dell’emissione di green bond dotati del “bollino EU”.
Questi cinque punti, tuttavia, rappresentano solo una parte dei problemi in campo nell’ambito del mercato del debito sostenibile di cui i green bond sono solo uno dei tanti strumenti acquistabili.
Green Bond e problematiche
Intendi dire che tutto questo non basta? A quali problemi fai riferimento?
Uno dei problemi centrali dei “Green Bond”, così come degli altri strumenti afferenti al mercato del debito sostenibile, è come misurare la loro performance. Ovvero come misurare il miglioramento dell’impatto ambientale delle attività a loro collegate.
Si tratta di soddisfare la necessità di legare la performance di questi “strumenti finanziari” a degli indicatori di sostenibilità, che rientrano nella categoria dei key performance indicators (KPI), in modo da rendere evidente e trasparente come, ad esempio, l’ammontare delle cedole legate al green bond sia collegato al raggiungimento dei valori obiettivo dei KPI, (ad esempio: riduzione delle tonnellate emesse di CO2; riduzione dell’ammontare degli scarti tossici connessi al ciclo di produzione; riduzione di consumo di energia per unità di prodotto realizzato; riduzione della produzione di rifiuti per unità di prodotto realizzato; riduzione delle emissioni inquinanti per unità di prodotto conferito; etc.).
Utilità
Dovendo tirare le conclusioni, tra quelle che sono le promesse fatte, le prospettive, la consapevolezza che aumenta e l’impegno dei legislatori, credi sia giusto avere fiducia e investire in questo strumento?
I Green Bond sono uno strumento molto importante ma che come sempre richiede estrema attenzione nella definizione dei dettagli tecnici onde evitare che possa divenire strumento inutile o addirittura controproducente. Il pericolo è infatti, che, come in altri casi, il termine “Green Bond” diventi un termine “valoriale” utilizzando il quale si assume che automaticamente l’obiettivo preposto sia raggiunto, la storia insegna che purtroppo non è mai così