In Italia un lavoratore su 3 lamenta problemi relazionali sul posto di lavoro e chiede supporto
- Quanto incidono le relazioni sul posto di lavoro sul benessere delle persone?
- E in che misura offrire un supporto ai propri collaboratori può contribuire a far crescere le aziende?
Con questo articolo vogliamo affrontare il tema del benessere organizzativo all’interno delle aziende, con un focus specifico sul ruolo del counseling finalizzato al miglioramento delle relazioni sul posto di lavoro, sulla base dei dati emersi dall’Osservatorio Jointly Balance 2020-2023, nato dalla collaborazione di Jointly, B Corp leader in Italia nel Corporate Wellbeing, e Modus, team di professionisti con competenze trasversali che operano nell’ambito della consulenza per le organizzazioni, della formazione e del sostegno alle persone.
Da aprile 2020 a luglio 2023 sono state analizzate motivazioni e richieste di centinaia di persone distribuite in tutto il territorio nazionale, le quali hanno fruito di un primo colloquio di supporto e orientamento con un counselor-psicologo nell’ambito del servizio Jointly Balance.
Le evidenze emerse
A beneficiare di questo tipo di servizi sono soprattutto le donne (64%), e persone con ruoli impiegatizi, anche se aumenta l’incidenza di dirigenti e manager.
Al momento della richiesta di supporto, le motivazioni relative il lockdown rappresentavano l’7,8%, con punte più elevate a ridosso della pandemia. In seguito al colloquio di orientamento tale percentuale si è ridotta al 2%.
L’iniziale richiesta di gestire questioni relative al lockdown (nella fase iniziale) o generici stati di ansia e stress – vissuti come un disagio, ma anche come campanello d’allarme per qualcosa che non andava in ambiti diversi di vita – ha messo in luce molto altro, tant’è che le tematiche di fatto affrontate durante gli incontri hanno ambiti diversi.
I problemi personali coprono inizialmente il 42,4% fino ad arrivare al 46,5% nel 2023, i problemi relazionali personali passano dall’11,3% al 16,2%, mentre diminuisce il peso dei problemi di tipo professionale organizzativo (da 19,5% a 17,5%) e relazionali lavorativi (da 18,9% a 17,8%).
Se per il 35% dei fruitori dei percorsi le tematiche sono state di tipo lavorativo, in misura prevalente inerenti al proprio ruolo, il 46,5% ha invece affrontato situazioni relative alla sfera personale.
Dinamiche familiari talvolta esacerbate dai cambiamenti di contesto e, in misura decisamente maggiore, il desiderio di chiedersi se davvero la vita che stiamo vivendo sia quella che avremmo voluto, spinti da incertezze e avvenimenti destabilizzanti.
All’interno di questi, solo una minima parte (il 7% complessivo) dei percorsi attivati riguardano problematiche strettamente cliniche e di disagio, derivanti da disturbi o situazioni personali e familiari particolarmente complesse.
Quello che colpisce maggiormente è che per oltre un terzo del campione (il 34%) le tematiche, personali o lavorative, presentavano marcati tratti di problematicità relazionale.
Lavoro da remoto e senso di solitudine
Con l’aumento del ricorso al lavoro da remoto, la lontananza fisica dai propri colleghi e dall’azienda ha reso difficoltoso il lavoro e fatto emergere problematiche come il senso di abbandono, di insicurezza del proprio ruolo professionale ma anche – a livello più personale – il senso d’isolamento e solitudine, con il ripensamento delle relazioni in diversi ambiti.
Anche in quest’ottica, le evidenze hanno dimostrato come un supporto psicologico all’interno dell’azienda svolga una funzione di ascolto delle persone, e di comprensione delle loro problematiche, fondamentale per supportare il benessere e l’engagement dei dipendenti e dell’azienda stessa.
Statistica | Percentuale |
Lavoratori che lamentano problemi relazionali sul lavoro | 34% |
Donne che si rivolgono al servizio di counseling | 64% |
Età media delle donne che richiedono supporto | 30-50 anni |
Persone che attivano il percorso di counseling successivo | 77% |
Lavoro e benessere: il punto di vista dell’Osservatorio
“Il beneficio di adottare – sostiene Anna Zattoni, Founder e Presidente Jointly – all’interno della propria azienda una serie di strumenti di ascolto è quello di evitare l’insorgere o il peggioramento di situazioni di malessere individuale, affrontando tempestivamente i segnali e intervenendo a sostegno.
È ormai consolidato che l’investimento in strumenti e pratiche di benessere organizzativo, anche a supporto dei dipendenti, favoriscono l’engagement dei lavoratori. il servizio che combina counseling e supporto psicologico alle persone è da considerare parte integrante di una strategia più ampia per ascoltare e comprendere i propri collaboratori e affrontare meglio le nuove sfide organizzative e di business.
Riorganizzazione del lavoro: una decisione che non si può rimandare
Le aziende non possono più fingere che tutto sia come prima, oggi il lavoro deve essere organizzato al fine di far star bene i propri dipendenti, perché il malessere ha ripercussioni negative sul modo di lavorare, e sul fatturato dell’azienda stessa a seguire. Adottare strumenti di benessere organizzativo permette di creare un ambiente di lavoro positivo”.
“Dai colloqui fatti, con un’analisi aggregata e nel pieno rispetto della privacy – spiega Mauro Tomè, psicologo, psico-socio-analista e presidente di Modus – emerge chiaramente come la gestione delle relazioni sul luogo di lavoro sia uno dei temi principali di chi avvia un percorso di counseling.
Per far stare meglio le persone quindi, oltre ad aiutarle a riflettere su di sé e sulle proprie capacità di azione nel contesto, è necessario anche restituire feedback all’azienda e accompagnarla in un processo di maturazione organizzativa; altrimenti, queste azioni di supporto, rischiano di restare fine a sé stesse e di essere poco utili ed efficaci sia per le persone sia per le imprese stesse”.
“Le modalità e le forme del lavoro cui siamo abituati da generazioni sono state fortemente sollecitate – ha dichiarato Francesca Rizzi, amministratore delegato di Jointly – Oggigiorno la funzione sociale del luogo di lavoro come costruzione di legami e ambito di socializzazione è messa in discussione, ruoli e compiti spesso cambiano con velocità inconsuete, il lavoro in remoto rende vane le normali forme di indirizzo e controllo.
Verso nuove soluzioni
Lavoratori e manager nelle aziende stanno cercando nuove soluzioni ed equilibri: a volte sono movimenti e sperimentazioni rapidi, come anche testimoniato dal fatto che molte aziende dopo un ricorso massiccio allo smart-working durante il periodo pandemico e nel post-pandemia stanno rivedendo le proprie posizioni.
Nello stesso tempo, le generazioni più giovani testimoniano stili di vita diversi, orientati a trovare equilibri e “bilanciamenti” diversi tra lavoro e vita. Non dimentichiamo, peraltro, che abbiamo visto aumentare le situazioni di sofferenza, incertezza, insicurezza, ansia e stress delle persone.
Dalla ricerca Jointly Voice, che Jointly ha condotto in collaborazione con il l’Università Cattolica di Milano analizzando nel tempo un campione rappresentativo di 30 mila lavoratori, è emerso come ben l’80% dei lavoratori vorrebbe ricevere dalla propria azienda un aiuto e un sostegno per la propria sfera privata. E quando l’azienda sa rispondere in maniera puntuale e personalizzata, l’engagement aumenta fino al 30%”.