Molti uomini, quasi tutti, sono più rozzi, meno sensibili, della maggioranza delle donne.
Sia chiaro, anche tra di loro ci sono quelle ferite e prepotenti, quelle poco consapevoli delle loro potenzialità, le manipolatrici. Quelle troppo vogliose di denaro, di beni, di potere.
Però tante donne si muovono seguendo una stella polare, che gli è dettata dalla loro stessa natura, dalla magia del loro sesso, e non intendono tradirla. Anche se talvolta il destino, le condizioni economiche, la prepotenza dei loro compagni, le coartano, le induriscono, le piegano.
La magia della stella produce speranza, delicatezza e solidità intrecciate, verità.
Abbiamo assistito con grande piacere e vera emozione alla scelta della comunità senese di accogliere il piccolo Mustafa e la sua famiglia, provenienti dalla martoriata Siria. Il bambino manca dei quattro arti, ma ha tutto il resto: la gioia di esistere, di fare capriole, di giocare, di salutare, di sorridere.
Suo padre ha perso una gamba durante i bombardamenti. È lui, rappresentato nella foto famosa, che tiene in alto il suo bambino senza gambe né braccia. E lo guarda con orgoglio quasi a dire” la vita è l’anima, è l’amore, è la luce negli occhi, e non un arto che non si possiede”.
Un urlo, una sfida sorridente, una invocazione al cielo, da cui, pure, sono piombate bombe chimiche e distruzione.
Nelle foto, nei filmati televisivi, la madre di Mustafa è sullo sfondo.
Non suscita subito emozioni clamorose, non partecipa come protagonista alla rappresentazione mediatica. Si limita a preparare il bambino e le sue sorelle, a vestirli meglio che può. A profumarli per le occasioni pubbliche. A guardare il marito mutilato e il figlio con occhi limpidi, solidi, che non mostrano colpa, né pena apparente, solo presenza attenta e amore.
È lei il collante di tutto, è evidente. E’ lei che traduce gli eroismi emotivi dei maschi della famiglia in resistenza, in ordinarietà vivibile, anche nelle situazioni estreme a cui è stata sottoposta la sua famiglia.
Ed è bella, con quegli occhi grandi, né seduttivi, né volti verso il basso, nemmeno volontaristicamente intensi. Non c’è bisogno di accentuazioni, di enfasi.
Il suo amore è semplice, è forte, è risolutivo.
Le donne, dobbiamo ammetterlo, sono un pianeta a parte, diverso da quello di noi maschi. Pensiamo di ingabbiarlo in ambiti dominati dal buon senso. Dal potere che sovente si cela dietro il desiderio e la passione, egoistico e maschilista, ora violento ora ovattato dalla buona educazione.
Le migliori resistono e decidono, valutano (le donne giudicano anche se non lo dicono apertamente) sulla base della sensibilità, della bellezza, dell’Amore.
La maggior parte degli uomini, invece, sceglie per egoismo, per convenienza, per opportunità, per buon senso, per paura. Ingredienti che possono trasformarsi in violenza e opacità.
La bellezza, dunque, è la grande “pianura delle meraviglie” che molte donne posseggono e abitano. Non è solo una dimensione estetica, come ci raccontiamo, è un mondo, una promessa di senso, che allude alla felicità e al benessere.
Non parlo solo della bellezza fisica, che pure è un incanto per noi uomini, ma della bellezza del fare, del pensare, dell’agire quotidiano.
Alcune donne, modernamente, si sono convertite alla religione del potere, con i suoi riti, le sue specifiche preghiere e atti di devozione. Una quota lo fa per passione privata, altre per rivalsa, per riscattarsi dalle mancanze infantili e dalla povertà. Una parte crescente, però, lo fa per imitare gli uomini, che hanno fatto dell’acquisizione del potere il loro punto di riferimento e di forza.
D’altra parte, quasi tutta la Storia che abbiamo studiato a scuola, si basa sul potere. Guerre, trame e lotte dinastiche, tattiche e strategie per ottenerlo, religione assoluta, pubblica o segreta, che disprezza legami privati, lealtà, verità, onore.
Gli uomini talvolta mettono sullo stesso piano l’identità e il potere che hanno acquisito. Non vorrei che troppe donne arrivassero alla stessa deformazione.
Ma non tutte.
Il potere usa linguaggi cifrati, sorrisi che nascondono pugnali, esige l’intimazione del silenzio e della collusione, se non la piena subordinazione.
Le donne reagiscono con le loro armi, come hanno fatto le madri di Plaza de Mayo, a Buenos Aires. I loro figli sono scomparsi, desaparecidos, uccisi segretamente dai militari argentini fattisi dittatura sanguinaria. Ragazzi uccisi senza processo e fatti sparire. 9000 come ammettono i carnefici o 30000 come sostengono i familiari delle vittime?
E queste donne ogni giovedì, per mezz’ora, in silenzio, per trent’anni, hanno sostato in Plaza de Mayo. Avevano al collo un fazzoletto bianco, simbolo dei pannolini con cui hanno provveduto alle prime esigenze dei loro piccoli neonati.
Il potere ha fatto valere i suoi sistemi ben collaudati: arresti arbitrari, menzogne, intimidazioni infamanti. Le donne, le madri, hanno opposto il loro di linguaggio: testimoniare, non mollare, prendersi cura.
Il silenzio ostinato è stato la loro cifra. Non avevano bisogno delle parole del potere, usavano solo i fatti, lì, testardi, che urlavano al mondo il genocidio dei loro figli e reclamavano spiegazioni.
Durante gli incontri politici per l’elezione del presidente della Repubblica, ho notato un particolare che mi ha colpito.
Il grande magnate, che ha fatto veramente di tutto per ottenere denaro, potere, piaceri e sicurezze, era seguito dalla sua nuova giovane compagna. Si tenevano con un dito, lui davanti insieme agli altri uomini, lei due passi indietro.
La giovane donna aveva gli occhi opachi e bassi e, mi era evidente, si muoveva come un’automa dentro i riti mediatici. Anzi, l’ho vista come una bambola moderna, un robot, super tecnologico fino a sembrare umano. Capace di movimento e di ogni sorta di ricettività per i bisogni sgangherati, caricaturali, del vecchio, vecchissimo, maschio.
Le donne vive sono ben altro: carezzate dai sogni romantici di noi bambini e ragazzi. Testimoni autorevoli e veritiere della nostra identità adulta (gli incontri con loro decidono il nostro destino). Compagne e spose, madri, esperte pilote di aerei, o bravi medici, magistrate integre e tutto il resto.
Come dice Platone, le donne sono la metà dell’unità a cui tendiamo e che ci è stata tolta. Prevaricarle, intimidirle, non riproduce quell’unità, e non serve nemmeno implorarle o sognarle.
Loro sono la realtà, non la fantasia. Non sono solo canzoni o mazzi di rose.
Sono difficili da conquistare, ammesso che poi noi uomini siamo in grado di accettare il loro amore e farlo fecondare dentro di noi.
Giacché anche noi maschi possiamo fare figli. Non partorendoli all’esterno come le femmine, ma producendoli affettivamente e mentalmente dentro di noi.
In questo modo coltiviamo buoni fratellini interni: il rispetto dell’Altro, del diverso da noi, il prendersi cura, una educazione limitante i deliri dell’Ego maschile, primi tra tutti il dominio, la costrizione, l’autosufficienza.
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