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Apocalypse wine, discorso civile sul “paesaggio incongruo” 

Il Paesaggio, un Professore, una Classe e l’Impegno Civile

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Tragedia greca 

Prof. Gianesini, che forza il messaggio, la comunicazione video confezionata dai suoi studenti. La ricerca delle parole, del loro significato vero e senza trucco mi ha colpito moltissimo. 

Partiamo dal fatto in sé, dal monte, per arrivare poi, fino a valle. 

C’era una volta uno scrimolo che imponeva un discrimine per discernere, per capire. Da una parte la Val Tramigna e dall’altra la Val d’Alpone, declivi che scendono a valle come una colata di miele. Ma cosa è successo? 

«Quello che è successo è interpretabile perfino con le categorie della tragedia greca.  

Uno dei suoi più grandi temi è quello della hybris, della dismisura, dell’arroganza, della tracotanza e dell’oltraggio – direbbe Dante -, cioè dell’andare oltre. Su tali basi si fonda lo sviluppo della tragedia e, in qualche modo, così interpretabile è anche ciò che è successo negli ultimi decenni sulle colline venete con lo sviluppo dell’agricoltura industriale, che ha abbandonato qualsiasi misura, per l’enorme disponibilità non solo di capitali ma anche di tecnologica.  

Il bersaglio del discorso dei ragazzi può essere assunto a emblema. Emblema di una ricchezza speculatoria che si concentra sempre più nelle mani di pochi, ed emblema della cupidigia e di un’erronea interpretazione del diritto di proprietà. Emblema anche degli effetti di un nuovo modo di produzione che, come diceva Pasolini, non produce solo merce ma anche rapporti umani.

Oggi potremmo aggiornare dicendo che produce un diverso rapporto, una modificazione del rapporto fra uomo e paesaggio e, quindi, una mutazione antropologica. Ma è una mutazione violenta. Ed è da questo atto di violenza che noi abbiamo preso le mosse per la nostra analisi». 

Paesaggio e Territorio 

I suoi studenti giocano ma mica tanto con le parole, citano in giudizio e con giudizio i giochi di prestigio semantici, la scomparsa del paesaggio per il territorio. Cosa significa? 

«Sulla distinzione fra paesaggio e territorio si potrebbe in realtà discutere all’infinito. Paolo Maddalena ne ha dato conto con competenza.

Noi abbiamo seguito una strada che ci è sembrata plausibile, ed è questa: il paesaggio è una grandezza percettiva e, per l’esperienza che ne abbiamo, è la risultante di un progetto comune, secondo un disegno di bene comune, condiviso da generazioni di uomini che hanno operato democraticamente sulla natura.

Il paesaggio è come un’opera d’arte, ma più democratica, in quanto opera di collettivi di uomini e non di singoli. Lo cito per la seconda volta: già Pasolini parlava in questi termini.

Quanto invece alla critica a una certa accezione del termine ‘territorio’, essa deriva dai contesti in cui quell’accezione viene usata. Sono di solito i contesti trionfalistici dei progetti amministrativi e dei proclami imprenditoriali, che sono tendenzialmente autoreferenziali.

Il territorio, infatti, non esiste di per sé, è un’impostura semantica, almeno appunto nell’accezione più corrente. Lo è anche dire di agire in nome e a salvaguardia del territorio, perché il territorio è semplicemente un rapporto tra un luogo e una rete economica. È come dire che il territorio è, intimamente, una grandezza conflittuale, ecco.

Un campo da gioco di interessi, quindi potenzialmente ingiusto. Una politica fatta in nome del territorio, oltre ad apparire magari anti-igienicamente localistica, è una politica fatta in realtà in nome dell’ingiustizia. Per questo ciò a cui assistiamo ogni giorno, con l’avallo anche di un certo uso linguistico, è una storia di speculazioni, e la speculazione non può che essere mossa da forze antidemocratiche che negano l’idea stessa di bene comune.

Insomma, l’accezione corrente del termine ‘territorio’ è un’accezione eufemistica se non impostora (più o meno consapevolmente da parte di chi la usa, ma questo non cambia gli effetti)». 

Benefici o disastri? 

Quali benefici immediati e per chi, offre questa trasformazione meccanica. E quali disastri per quanti questi gradoni pettinati sulla collina? 

«La domanda è posta in modo interessante, perché prevede che i benefici certi siano per pochi, mentre per i più… Credo sia utile comprendere il contesto magari risalendo al Diritto Costituzionale.  

L’articolo 42 della Costituzione parla di garanzie per l’impresa privata solo se essa è giustificata nell’ambito dell’utilità sociale. Gli interventi dei quali ci siamo occupati, invece, vengono attuati da un’oligarchia di agrari che possono gestire un’azienda nell’ordine dei 100 ettari avendo circa una decina di dipendenti. 

Ora, va da sé che l’utilità sociale, la ricaduta nella società della loro impresa è evidentemente fuori misura (la hybris di cui si parlava prima, la dismisura), totalmente insignificante rispetto al consumo di paesaggio – e questo in contrasto con l’opinione corrente, che è dolosamente orientata. Per cui, in realtà, quali benefici immediati per i più? Nulla, solo aberrazione e degrado.

I più si vedono in qualche modo derubati di un principio aureo che è quello della sovranità. Il paesaggio appartiene a tutti, è un’esperienza psichica essenziale per l’uomo, per citare Andrea Zanzotto. Secondo il Diritto Costituzionale il paesaggio appartiene al detentore della sovranità e, secondo l’articolo 1 della Costituzione, il detentore della sovranità è il popolo sovrano». 

Reazioni 

Un cortometraggio, il vostro, che ha creato dei contrasti, li presagivate? Come hanno reagito i ragazzi, i suoi concittadini e i suoi colleghi? 

«Sì, ha creato contrasti. Lo avevamo messo in conto, perché molti sono i punti affrontati anche in modo provocatorio. Chi ha reagito ha inteso, forse, che il corto avesse velleità agronomiche o scientifiche.  

Un personaggio lo dice chiaramente all’interno del filmato, lo dichiara il sottotitolo: è un discorso civile non è un discorso scientifico, né agronomico. Confondere i piani apre la parentesi sulla tragedia italiana dell’incapacità di comprendere il testo.

Problema che non riguarda solo gli adolescenti, come si crede che dicano i test Invalsi, ma riguarda anche chi ha, legittimamente ma con argomenti pretestuosi, criticato e manifestato la sua ostilità nei confronti del corto.

I ragazzi hanno reagito con l’orgoglio di chi si è sentito atleta di democrazia e di chi si è sentito detentore di un messaggio potente. Fra i colleghi c’è stata adesione, plauso e vicinanza. Non solo tra i colleghi della nostra scuola, ma anche di altre, fino a grandi personalità: bontà loro più che merito nostro.

Rispetto ai concittadini… eh, diciamo che abbiamo percepito grande adesione per la più parte, ma anche una certa ostilità e, spesso, questa ostilità l’abbiamo vista provenire dai contesti che si sono più sentiti colpiti dal nostro discorso, da chi lavora nell’agricoltura.

Gli agricoltori in realtà sono fra i primi a essere sconfitti da questo nuovo modo di produzione. Il fatto è che la loro sconfitta poteva trasformarsi in una nuova libertà, in una presa di posizione; invece ha generato una mostruosa identificazione con il vincitore. Altri hanno inteso il nostro discorso come idealistico e privo di agganci nella realtà. Noi abbiamo cercato di costruirne uno che fosse un discorso intellettuale, cioè ‘di senso’, che cercasse la verità sulla base di valori universali». 

Maestro Gianesini, posso dire?  

Grazie! 

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