Settembre incalza e molti tra i non tanti privilegiati sono tornati dalle vacanze.
Sì, perché, mentre le riviste patinate bombardano di immagini che inquadrano viaggi lussuosi in destinazioni esotiche, creando un’illusione di benessere universale, la realtà è un po’ diversa e molto parziale. Miliardi di nostri simili vivono in condizioni di povertà o precarietà, costrette a lavorare senza sosta per sopravvivere. Per loro, la parola “vacanza” rimane un concetto astratto.
Detto questo…
Uno studio pubblicato qualche anno fa su Psychology and Health si concentra sull’effetto delle vacanze, sul burnout e sull’assenteismo lavorativo. Lo studio mira a verificare se un periodo di pausa dal lavoro possa ridurre lo stress percepito e di conseguenza attenuare quello psicologico e comportamentale.
Lo stress lavorativo è un problema comune che può portare a gravi conseguenze per la salute fisica e mentale dei dipendenti. Una delle sue manifestazioni più comuni è il burnout, una sindrome caratterizzata da esaurimento emotivo, cinismo e inefficacia lavorativa.
Un’altra conseguenza dello stress è l’assenteismo, ovvero l’assenza ingiustificata dal lavoro.
Assenteismo
Per assenteismo in letteratura scientifica si intende l’assenza sistematica dal proprio posto di lavoro e viene misurata secondo due unità di misura: la frequenza e la durata.
La frequenza è il numero delle volte in cui un individuo si è assentato da lavoro in un determinato lasso di tempo mentre la durata equivale al numero di giorni consecutivi per ogni assenza; le assenze con una durata più lunga sono statisticamente quelle relative a malattie reali e quindi inquadrata nell’assenteismo involontario; al contrario le assenze brevi e frequenti sono quelle più riferiti all’assenteismo volontario.
Per assenze sistematiche si intendono i permessi, siano essi retribuiti o no, per malattia o legge 104, richiesti in giornate considerate calde (es: fine e inizio settimana, ponti, pre/post-festivi) o comunque attuate in maniera frequente e al di sopra della media aziendale.
Quali sono i costi dell’assenteismo per un’azienda?
Secondo la relazione scientifica pubblica dalla rivista “Society for Human Resource Management” dal titolo “Total Financial Impact of Employee Absences”, circa l’80% delle aziende per ovviare alle assenze dei propri dipendenti utilizza gli straordinari avendo un costo totale che si aggira intorno al 2% della busta paga.
Perdita di produttività
Altro costo è quello legato alla perdita di produttività legata alla sostituzione dei lavoratori che mediamente si aggira intorno al 31,1%. Ultimo punto è quello legato all’azione dei dirigenti nel controllo e nella gestione delle assenze per i quali trascorrono una media di 4,2 ore alla settimana, praticamente il 10% della propria settimana lavorativa e ad un totale di 210 ore all’anno per ogni dirigente.
Altri costi
Altri costi non misurabili sono quelli legati alla motivazione dei dipendenti non assenteisti che percepiscono il comportamento scorretto del proprio collega senza che questo vada effettivamente incontro ad un rischio o ad una sanzione, e a quella relativa ai dipendenti che sono costretti a sostituire, magari con straordinari, i colleghi assenti; tutti questi aspetti, oltre alla motivazione personale, vanno a ledere l’atmosfera all’interno dell’azienda con rischi di calo della produttività e divergenze interne, spesso più pericolose degli intoppi di tipo tecnico/produttivo.
Incrociando i dati della Ragioneria di Stato, per quanto riguarda il pubblico impiego e quelli dello studio di Confindustria su delle aziende comparabili vediamo come ci sia una sensibile differenza nei tassi di assenteismo registrati. Si va infatti dal 6,5% di assenze sul totale di ore lavorabili delle imprese private al 9,3% del settore pubblico. Si stima che se il settore pubblico dovesse arrivare ai livelli percentuali uguali a quello privato il risparmio per le casse dello Stato ammonterebbe a circa 3,7 mld di euro.
I ricercatori di Tel Aviv hanno indagato se le ferie siano efficaci come pausa dallo stress lavorativo, contribuendo a ridurre il burnout e l’assenteismo conseguenti.
Metodologia
Lo studio ha coinvolto 87 dipendenti di un’azienda alimentare in Israele. Ai partecipanti sono stati somministrati alcuni questionari per misurare il livello di stress percepito e di burnout in tre momenti:
- Dieci giorni prima delle ferie
- Tre giorni dopo le ferie
- Quattro settimane dopo le ferie
Inoltre, sono stati raccolti dati sull’assenteismo lavorativo dei dipendenti, analizzando i tassi di assenza prima delle ferie e due volte dopo le ferie (a due settimane e a sei settimane dal rientro).
Risultati
Lo studio ha evidenziato che le ferie hanno avuto un effetto positivo sul benessere dei dipendenti:
- Il livello di stress percepito è diminuito in modo significativo.
- Il burnout è diminuito in modo significativo.
- Il tasso di assenteismo per “altri motivi” (escluso quello per malattia) è diminuito in modo significativo mantenendosi più basso rispetto al periodo pre-ferie anche a sei settimane dal rientro.
Tuttavia, l’effetto positivo delle ferie è stato temporaneo: il livello di stress percepito e il burnout sono tornati ai livelli pre-ferie entro quattro settimane dal rientro.
Lo studio conferma dunque che le ferie possano funzionare come pausa dallo stress lavorativo, contribuendo a ridurre il burnout e l’assenteismo. Questo risultato è importante perché evidenzia come concedere ferie ai dipendenti non sia solo un beneficio per loro, ma anche per l’azienda stessa. Infatti, un minore stress lavorativo porta a una maggiore produttività e un minore tasso di assenze.
I meccanismi alla base del benessere
Durante le vacanze o la cessazione del lavoro routinario, l’organismo attiva una serie di meccanismi di recupero e rigenerazione che permettono di staccare la spina e riconnettersi col vero sé.
A livello fisiologico, il ritmo frenetico della vita quotidiana, caratterizzato da scadenze, pressioni e stress, viene interrotto. Questo permette al sistema nervoso autonomo di passare da uno stato di “lotta o fuga” a uno di “riposo e digestione”. Di conseguenza, diminuiscono i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress che mobilita le nostre risorse energetiche in situazioni di pericolo. E aumenta la produzione di endorfine, neurotrasmettitori che inducono sensazioni di piacere e benessere.
Ma non è tutto qui. Il sonno, spesso sacrificato durante la routine quotidiana, viene recuperato durante le vacanze, favorendo la riparazione dei tessuti e il consolidamento della memoria. Inoltre, l’attività fisica, spesso trascurata durante l’anno, viene praticata con maggiore frequenza, contribuendo a migliorare la circolazione sanguigna, a ridurre l’ansia e a favorire il rilascio di endorfine.
A livello psicologico, le vacanze offrono l’opportunità di disconnetterci dalle preoccupazioni quotidiane e di dedicarci ad attività piacevoli, favorendo la riduzione dei livelli di ansia e stress, migliorando l’umore e aumentando la sensazione di benessere. Inoltre, esplorare nuovi luoghi e vivere nuove esperienze stimola la nostra curiosità e creatività, contribuendo a un arricchimento personale.
Conclusioni
Il contrasto tra l’illusione del benessere universale, rappresentata dalle immagini patinate delle vacanze, e la realtà di milioni di persone che non possono permettersi neanche un giorno di riposo, è un’evidente disuguaglianza sociale.
Tuttavia, per coloro che hanno la possibilità di concedersi una pausa, gli studi scientifici confermano l’importanza delle vacanze per il benessere psicofisico. Le ferie funzionano da vero e proprio toccasana per lo stress lavorativo, contribuendo a ridurre il burnout e l’assenteismo.
È fondamentale sottolineare che il benessere derivante dalle vacanze non è solo un beneficio individuale, ma ha anche ripercussioni positive sull’ambiente lavorativo e sulla produttività aziendale. Un dipendente riposato e sereno è più motivato, più creativo e meno incline a commettere errori.
In conclusione, le vacanze rappresentano un investimento sia per il singolo individuo che per l’azienda. Promuovere politiche aziendali che favoriscano il benessere dei dipendenti, come ferie adeguate e flessibilità lavorativa, diventa quindi un elemento strategico per il successo di un’organizzazione.
In definitiva, il tema delle vacanze ci invita a riflettere sul delicato equilibrio tra lavoro e vita privata (tutto è connesso), sulla necessità di conciliare le esigenze produttive con il benessere delle persone e sulla costruzione di una società più equa e inclusiva.