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Alcol, polemiche e dintorni

Un dibattito ricorrente e il ruolo di un’informazione corretta

La polemica sul vino tra gli infettivologi Matteo Bassetti e Antonella Viola sta facendo il giro del mondo.

Noi di Vita e Salute Web abbiamo voluto vederci chiaro e abbiamo posto alcune domande in merito al tema alcol a due professionisti del settore:

  • Dott. Gianni Testino, Presidente della Società Italiana di Alcologia (per i riferimenti clicca QUI ).
  • Dott. Roberto Defez, Ricercatore CNR (per il curriculum clicca QUI ).

Ognuno, seguendo le proprie convinzioni e stile, ha accettato di rispondere, liberamente:

Dottor Gianni Testino

È corretto dire che un bicchiere di vino non è poi la fine del mondo?

«Guardi, potrei risponderle: una sigaretta non è poi la fine del mondo! Dobbiamo farcene una ragione.  E invece chi si occupa di salute non può minimizzare un problema gigantesco. All’interno di ogni tipo di bevanda alcolica è presente l’etanolo. Tale molecola è un cancerogeno e, quindi, va sconsigliato. Sempre!».

Cervello e vino? Ma davvero?

«Questo è un problema diverso. L’etanolo di per sé è un neurotossico. Tuttavia è la modalità d’uso che prevalentemente incide sullo sviluppo cerebrale.

I giovani praticano il binge drinking (bere molto in poco tempo). Tale modalità di consumo riduce la massa grigia soprattutto nella regione prefrontale della corteccia cerebrale con riduzione della performance intellettiva».

IARC è un’agenzia regolatrice?

«L’Agenzia IARC (International Agency for Research on Cancer) è il braccio operativo dell’OMS per quanto concerne le problematiche oncologiche.

Gli scienziati che partecipano sono totalmente indipendenti e lavorano sul materiale scientifico prodotto in diverse decine d’anni.

Tale Agenzia ha il compito di inserire le sostanze/ molecole cancerogeno o potenzialmente tali in 4 gruppi:

  • Gruppo 1 rapporto causale certo con il cancro
  • Gruppo 2A probabile rapporto con il cancro
  • Gruppo 2B possibile rapporto
  • Gruppo C lo studio sta per definirne la non cancerogenicità.

Ecco, l’etanolo contenuto in tutti i tipi di bevande alcoliche è nel Gruppo1.  Quindi è ovvio che un cancerogeno non dovrebbe mai essere consigliato! Nemmeno moderatamente! Naturalmente ognuno è libero di fare ciò che vuole. Se è informato è meglio!».

Lei accomuna l’alcol all’amianto

«Non è una forzatura, sono entrambi nel Gruppo 1!».

La quantità fa veleno?

«L’equilibrio è l’atteggiamento migliore nella vita. Quando parliamo di cibi è opportuno evitare l’abuso.  Nessun cibo inserito nella piramide alimentare è cancerogeno. Tale principio non può valere per un cancerogeno! Semplice, no?

Sinceramente non capisco un atteggiamento diverso rispetto a questo problema! Anche alcuni colleghi negano questa evidenza! Mah! Forse sono un ingenuo!».

Dottor Roberto Defez

Quale è la verità da un punto di vista dei dati scientifici?

«Il parere dell’Agenzia della ricerca sul cancro (Iarc) un organismo internazionale che dipende dall’Organizzazione mondiale della sanità delle Nazioni Unite (OMS), è stato esplicitato più volte. Che lo Iarc abbia classificato l’alcol, quindi anche il vino, nella categoria 1 dei “sicuri cancerogeni” è assodato».

Ma allora… perché tutto questo bacco e questo baccano?

«Siccome il vino è buono e l’Italia ne è grande produttrice, e se ne esportano a fiumi e questo commercio tiene in piedi l’intera bilancia dello scambio import/export agroalimentare, allora… il vino è buono, fa bene e non si tocca. Si può solo discutere se berne uno, due o tre bicchieri».

Paradosso

«Le valutazioni dello Iarc sono criticate apertamente, in questo caso, ma vengono prese molto sul serio quando si sfogliano le raccomandazioni riguardanti il glifosato “probabile cancerogeno” (categoria 2)».

Taluni che difendono a spada tratta il vino tricolore (posto in categoria 1: sicuro cancerogeno), riescono a catalogare il glifosato (categoria 2: probabile cancerogeno) come il nemico numero 1 della salute».

La logica?

«Logica vorrebbe che se si crede ali pareri dello Iarc, lo si deve fare sempre. Se non ci si fida completamente di queste strane classificazioni (e io sono tra questi) si deve assumere un atteggiamento più cauto e meno isterico.

Provo a spiegarmi. Sia per il vino che per il glifosato è la dose che conta.

Per il vino, i negazionisti hanno provato a spiegarlo (malino) ignorando le prescrizioni di Paracelso: “è la dose che fa il veleno”, ossia: dipende dalla quantità che se ne assume. E, soprattutto, ogni sostanza o attività ha un rischio (a quello puntano le classificazioni dello Iarc), ma quello che conta di più è il pericolo, ossia la probabilità che il rischio si concretizzi, data la frequenza, il peso corporeo, il dosaggio e la predisposizione)».

Tossicologia

«Così credo. Ma, se le grandi associazioni di categoria agricole ammettessero un ragionamento sulla dose, poi avrebbero difficoltà a criminalizzare alimenti dove il glifosato si ritrova in tracce da un milionesimo di grammo, mentre si assolve il vino che contiene 12 grammi di alcool per bicchiere.

In entrambi i casi, meglio delle categorie sommarie dello Iarc (riprese talvolta dall’istituto Ramazzini), sarebbe utile usare i principi della tossicologia, quelli che usano l’OMS, la FAO (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), l’EFSA (l’autorità europea per la sicurezza alimentare) e tutte le agenzie regolatorie mondiali».

Categorie

«Lo Iarc mette nella categoria 1, dei sicuri cancerogeni, anche:

  • i raggi ultravioletti del sole;
  • la produzione di alluminio;
  • le fibre acriliche;
  • le emissioni casalinghe di carbone;
  • il lavoro di pompiere;
  • la polvere di cuoio;
  • l’attività di pittore;
  • l’inquinamento dell’aria all’esterno delle case;
  • il fumo anche indiretto di tabacco;
  • la segatura.

E nella categoria del glifosato, quella dei probabili cancerogeni, mette anche:

  • il lavoro in vetreria,
  • la combustione casalinga di pellet,
  • le fritture,
  • il lavoro di barbiere e parrucchiere,
  • il consumo di carni rosse.

La questione, quindi, resta sempre la stessa: un hamburger alla settimana è solo un rischio, tre volte al giorno diventa un pericolo.

Per le migliori paste italiane se ne possono mangiare 116 kg al giorno, ogni giorno, per tutta la vita, senza pericoli dovuti alle tracce di glifosato. Invece di urlare e salire sulle barricate sarebbe sufficiente un briciolo di buon senso e ragionamento».

Ti è piaciuto l’articolo? Approfondisci nell’articolo del Dott. Testino Vino – In etichetta nessun riferimento al cancro.

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